Messico tossico

Al Pac di Milano la cronista dell'indicibile Teresa Margolles

«Pistas de baile, Irmas» di Teresa Margolles
Ada Masoero |  | Milano

La prima, più immediata reazione suscitata dai lavori di Teresa Margolles è un istinto di fuga, di negazione, di rifiuto. Lei, infatti, ha scelto di essere una sorta di «cronista dell’indicibile», e di raccontare nelle sue opere, con crudo realismo, l’efferatezza di un’umanità degradata dal crimine organizzato e, più in generale, da un’assoluta mancanza di senso morale. Nata nel 1963 in Messico, nella regione di Sinaloa, dove il Cartello della droga celebra i suoi riti sanguinari, e formatasi come anatomopatologa, l’artista affronta i temi della morte, della tortura, dell’orrore, della violenza sulle minoranze e sulle donne.

A lei, che nel 2017 è stata finalista per l’Hugo Boss Prize e che nel 2009 ha rappresentato il suo Paese alla Biennale di Venezia, il Pac dedica fino al 20 maggio una vasta personale («Ya basta hijos de putas») curata da Diego Sileo e prodotta con Silvana
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