Restituisci non solo all’Africa

Le conseguenze della promessa di Macron

La vetrina del Louvre in cui è esposto il tesoro di Boscoreale, un servizio da tavola di circa 100 pezzi in argento, più qualche gioiello in oro, rinvenuto nel 1895 in una villa romana (detta della Pisanella) distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Un anno dopo il ritrovamento, gli antiquari Canessa di Napoli esportarono clandestinamente in Francia il tesoro e ne vendettero la parte più consistente al banchiere Edmond James de Rothschild, che in seguito la donò al Louvre
Giovanni Pinna |

Con un coup de théâtre, il 28 novembre dello scorso anno, in un’aula magna dell’Università di Ouagadougou (Burkina Faso, ex colonia francese dell’Alto Volta) gremita di studenti e personalità, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che una delle sue priorità sarà quella di definire entro cinque anni le condizioni «pour un retour du patrimoine african à l’Afrique» e ha incaricato due «personnalités incontestables», Bénédicte Savoy del Collège de France (cfr. n. 384, mar. ’18, p. 18, Ndr) e lo scrittore senegalese Felwine Sarr, di studiare i procedimenti per la restituzione ai Paesi africani delle opere d’arte attualmente in Francia.

L’imprevista iniziativa del presidente Macron ha avuto l’effetto di un macigno in uno stagno, le cui onde hanno dato una scossa ai musei etnografici, non solo francesi, al mondo degli esperti che da anni discutono sul problema delle
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