Servitore di due padroni

Editoriale

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Quando hanno chiesto a me, Arlecchino, se volevo diventare il ministro dei Beni culturali, cioè il ministro dell’arte, sono rimasto veramente a bocca aperta. Io che ho sempre da dire qualcosa su tutto, questa volta sono rimasto zitto almeno per un minuto. Non mi era mai successo. «Ma che cosa vi è saltato in mente? Ministro io? Perché diavolo avete pensato a me? Io che cosa c’entro?». Mi hanno spiegato che prima di tutto io piaccio alla gente, che Arlecchino è una delle maschere più simpatiche a nonni e piccini, che piaccio a tutti perché li faccio ridere, e che questo, di piacere a tutti, di renderli allegri e spensierati, di farli ridere, è la cosa in assoluto più importante: «Voti, mi hanno detto. Tu prendi più voti di tutti gli altri, tu hai il massimo dell’indice di gradimento. È questo che conta». A me battono sempre le mani.

Ridono e mi applaudono. In politica, è esattamente
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