A Berlino una Biennale senza eroi

Politica, musica e gentrification per la decima edizione

Performance pubblica con Awuor Onyango, Nyakallo Maleke e Sanyu Kiyimba-Kisaka, all'interno di  «The School of Anxiety #2: Chebomuren», di  Serubiri Moses, 16 febbraio 2018, Freedom Corner, Uhuru Park, Nairobi
Micaela Deiana |  | Berlino

«We don’t need another hero» (Non abbiamo bisogno di un altro eroe): il titolo che la curatrice Gabi Ngcobo ha scelto per la prossima Biennale di Berlino è perentorio, pur nel riferimento alla cultura pop della canzone di Tina Turner del 1985.

Nessuna via salvifica, nessuna soluzione garantita da un’unica visione coerente: a vent’anni dalla sua nascita, quindi alla sua decima edizione, la biennale si immerge nella psicosi collettiva, esplorando le possibilità di (auto)salvezza di chi è capace di sfuggire alle seducenti e ingannatrici promesse dei sistemi di conoscenza consolidati, delle narrazioni storiche, delle ideologie del Novecento. Abbracciamo le contraddizioni e le complicazioni, dunque, e liberiamoci.

Il team curatoriale (affiancano la Ngcobo, Moses Serubiri, Nomaduma Rosa Masilela, Thiago de Paula Souza e Yvette Mutumba) ha aperto la riflessione con la «School of Anxiety» e il programma
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