La voglia di scandalo dei futuristi marchigiani
Una mostra a Senigallia ricorda come interpretarono e come applicarono alla vita quotidiana il verbo di Marinetti autori come Pannaggi, Monachesi, Tulli o artiste come Leandra Angelucci Cominazzini
Senigallia (An). Il Futurismo ha avuto una convinta propaggine marchigiana e questo vuole raccontare la mostra al Palazzo del Duca di Senigallia «Venti futuristi» che è stata prorogata al 2 settembre (non chiude più a luglio) e l’ha curata il direttore dei Musei Civici di Ascoli Piceno Stefano Papetti.
Voleva scandalizzare la provincia marchigiana il pittore Ivo Pannaggi (1901-1981) quando, nel 1922, portava a Macerata il verbo di Marinetti con una mostra al Convitto Vittorio Emanuele II dal titolo che oggi ci suona dal tono un po’ fascistoide Marciare non marcire. Con quella rassegna che includeva di Boccioni, Balla, Depero, Prampolini e altri maestri del movimento Pannaggi voleva rivendicare il valore paritario della modernità rispetto al passato e delle forme, quando asseriva che «la persona di un imperatore o il bel vaso in porcellana di una moderna latrina sono dal punto di vista pittorico
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