«Zeri? Sono io»

Alex Wengraf racconta un episodio sconosciuto: il primo incontro a Parigi di Federico Zeri e Tim Llewellyn, con un quadro di Brescianino

Alex Wengraf
Alex Wengraf |

Né autobiografia né memoriale tradizionale, Memories of a London Art Dealer raccoglie piuttosto riflessioni, aneddoti, conversazioni, incontri e presenta, con tocchi di humor inglese, una selezione di trionfi e disastri, eroi e «cattivi» incontrati dal mercante d’arte Alex Wengraf. Nato a Vienna nel 1938, si è trasferito in Inghilterra prima di compiere un anno e ha studiato chirurgia dentale a Bryanston e alla Postgraduate Medical School di Londra. Dopo la morte dei suoi genitori in un incidente stradale nel 1965, ha rinunciato a tutto per seguire la professione di famiglia, diventando uno dei più famosi mercanti d’arte di Londra. Di seguito un estratto del libro.

Un giorno, il compianto professor Federico Zeri, la cui estrema competenza di arte italiana rimarrà eterna, stava camminando lungo rue Miromesnil a Parigi in compagnia del mio socio Richard, piuttosto giovane e nuovo del settore. I due videro un quadro, accuratamente avvolto da coperte, che veniva caricato su una station wagon sul marciapiede davanti agli uffici di Sotheby’s. Si fermarono cercando di sbirciare e un uomo lanciò loro un’occhiataccia. L’assistente di Sotheby’s, una graziosa ragazza francese senza alcuna conoscenza artistica e nessun talento come facchino, lasciò scivolare la coperta e... «Aha, disse Zeri, Andrea del Brescianino». Il proprietario lo fulminò con lo sguardo e gli disse con tono duro di pensare ai fatti suoi, ma poi, del tutto spontaneamente, lo informò, visto che era un ficcanaso, che «se proprio vuole saperlo», era stato appena esaminato da un esperto esterno di Sotheby’s Londra e, per quanto fosse stata perspicace la sua attribuzione, non si trattava di un Brescianino ma solo di una copia d’epoca.

«Ma no, ribattè Zeri, il quadro è assolutamente autentico, l’ho persino studiato e posso raccontarle molte cose». L’uomo, sempre più irritato dalle attenzioni di questi perfetti sconosciuti, ribadì che non poteva averlo studiato perché lui, il conte, ne era il proprietario e il dipinto era stato per molti secoli nel castello privato della sua famiglia e nessuno lo aveva mai neanche fotografato. «Ma sì, rilanciò Zeri, ho una sua fotografa sulla mia scrivania di casa ed è un Brescianino. Chi dice che non è autentico?». Si stava lentamente creando un attimo di tensione. L’innocente assistente fu rispedita dentro gli uffici per parlare con l’«esperto da Londra», che si rivelò poi essere Tim Llewellyn, in seguito managing director ma all’epoca junior assistant del dipartimento di pittura. Così «junior» che non aveva nemmeno riconosciuto il professore italiano, sebbene sapesse invece chi fosse il mercante che era con lui, che aveva più o meno la sua stessa età. Ciliegina sulla torta: in difesa del suo operato decise di nascondersi dietro la potente reputazione di Sotheby’s e non cambiò idea!

Llewellyn: «Credo sia una copia».
Zeri: «Si sbaglia, ho studiato questo quadro ed è autentico».
Proprietario: «Non può averlo studiato, la fotografia non è mai stata mandata a nessuno».
Zeri: «Eppure io ho la foto, qualcuno me l’ha spedita».
Llewellyn: «L’unica copia della foto ad aver lasciato questo edificio è quella che ho personalmente spedito al grande professore Federico Zeri di Roma che non mi ha ancora risposto».

Improvvisamente iniziò a rendersi conto che qualcosa non quadrava, ma ormai era troppo tardi. Come il conte Almaviva nell’ultimo atto del Barbiere di Siviglia, il professor Zeri, con quella estrema educazione e cortesia che i popoli mediterranei riservano al nemico sconfitto, fece un inchino e disse semplicemente: «Zeri sono io». Sfortunato davvero. Dopo una brillante carriera in gran parte alla Henry Moore Foundation, Tim è ora presidente di «The Burlington Magazine».

Si possono trovare ottimi quadri su un marciapiede o in un mercato delle pulci. Derek Johns (...) racconta di quando, da giovane, era in vacanza con la moglie in Portogallo. Aspettavano il loro primo figlio e avevano pochi soldi. Pensavano che avrebbero potuto comprare qualcosa per il loro appartamento e andarono in un mercato delle pulci dove, tra le altre cose, un banchetto vendeva della ferraglia, tra cui alcune lastre di rame, usate probabilmente per riparare pentole o la parte inferiore dello scafo delle barche. Derek le guardò svogliatamente e poi disse di sapere: una lastra, di cui riusciva a vedere solo il retro, sembrava più legnosa e regolare e aveva un dipinto sull’altro lato. «Quanto costa?» Il rame venne pesato e lui pagò sette escudos. Sull’altro lato c’era un bel paesaggio con figure di Paul Brill (1554-1626), un importante artista fiammingo che lavorava a Roma, e quando lo portarono a Londra Derek lo vendette a una cifra sufficiente a comprare la loro prima casa, in tempo per l’arrivo del bambino. Non è magnifico? Se lo avesse lasciato lì sarebbe semplicemente andato distrutto e perso per sempre. Ora invece qualcuno gode della sua presenza e il figlio di Derek lavora in una galleria, anche se non con suo padre.

Memories of a London Fine Art Dealer, di Alexander Wengraf, 256 pp., 15 ill. col., Unicorn Publishing Group, Londra 2020, € 38,00

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