Fontana ambientalista ma anche tecnologico

Da Hauser & Wirth le opere che tramutarono l’osservatore in visitatore

«Ambiente spaziale a luce nera» (1948-49) di Lucio Fontana nell’installazione del 2008 al Museo d’Arte Mendrisio. © Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2020. Foto: Stefano Spinelli
Franco Fanelli |

Los Angeles. Attraverso le indagini sullo spazio, pittori e scultori rivendicarono all’opera d’arte una vita propria anche in virtù di una pratica dell’arte come esperienza conoscitiva. Fu così nel Quattrocento, attraverso l’utilizzo non empirico della prospettiva; ma lo stesso si potrebbe dire, sotto un profilo esistenziale, per i protagonisti de «Las Meninas» di Velázquez. Gli «Ambienti» di Lucio Fontana sono una delle tappe di questa conquista di un «territorio magico», di un micro-macroclima in cui l’arte vive e cresce.

L’idea di portarvi dentro il visitatore non era nuova e l’illusorietà barocca non era che uno dei molti precedenti. Ma con Fontana, nell’ultimo ventennio della sua attività, tra il 1948 e il 1968, entrano in gioco con maggior forza la tecnologia e la scienza. Sono le due complici dell’artista che, in quelle opere, è come intento a far compiere
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