La bella natura

Un'esplorazione dell’idea di classicismo alla Laocoon Gallery

«La notte di san Giovanni» (1933-34) di Corrado Cagli
Francesca Romana Morelli |  | LONDRA

Chiamato a Londra a giudicare se i marmi del Partenone fossero originali fidiaci, Canova non ebbe dubbi e scrisse all’archeologo Quatremère de Quincy: «Tante statue che noi abbiamo (…) devono essere copie fatte da’ que’ tanti scultori che copiavano le belle opere greche per spedirle a Roma. Le opere dunque di Fidia sono vera carne, cioè la bella natura». Sottesi dallo stesso ideale, alcuni gessi di Canova sono inclusi nella mostra «Classicismo antico e moderno in Italia» presentata dalla Laocoon Gallery di Marco Fabio Apolloni e Monica Cardarelli nell’ambito della London Art Week dal 3 al 10 luglio.

Si tratta di un’anticipazione di una mostra prevista nelle loro gallerie di Londra e di Roma nella prossima stagione. «Stiamo lavorando alla mostra da quasi due anni, coinvolgendo nello studio delle opere specialisti di primo Novecento e studiosi di arte classica, spiega Apolloni. Abbiamo cercato di esplorare l’idea di “classicismo” dal neoclassicismo canoviano, capace di una struggente bellezza, al classicismo di epoca umbertina, giolittiana e infine fascista, accomunati dall’idea di fare passare idee nuove mediante forme del classicismo greco-romano, quest’ultimo trasformato così in una sorta di religione laica». Spiccano i busti in gesso di Gioachino Murat e di Carolina Bonaparte (1813), eseguiti da Canova durante il soggiorno partenopeo, poi tradotti in marmo. Il dono delle versioni in gesso alla famiglia dei modelli ritratti è ricorrente in Canova. Anche per la loro finitezza, i gessi dei sovrani di Napoli vanno accostati agli esemplari dello stesso soggetto del triestino Museo Revoltella.

È inoltre presente un bozzetto per il cenotafio di Clemente XIV nella Basilica di Sant’Apostoli a Roma, appartenuto ad Adamo Tadolini, il suo allievo prediletto, che gli procurò la committenza. Della prima metà del Novecento sono presenti alcuni protagonisti, ma anche un autore poco noto. Di Achille Funi «La Venere latina» (1930) attorniata dai frammenti di sculture e di edifici di una vagheggiata antichità. Sempre Funi è l’autore di una gigantesca tempera e foglia d’oro su tavola, «Il Parnaso» (1948-53), da lui conservata nell’aula dell’Accademia di Brera dove insegnava. Nella tavola a encausto «La notte di san Giovanni» (1933-34), Corrado Cagli compone una natura morta di oggetti musicali popolari, che servivano a scacciare le streghe nella notte tra il 23 e il 24 giugno legata al solstizio d’estate. Avvolti da un cielo notturno acceso dall’astro lunare i luoghi del potere religioso e politico della Città Eterna cingono quel lembo di «mondo». Infine il triestino Mario Ceconi di Montececon è autore di due vasi bronzei commemorativi della guerra d’Etiopia, curiosamente caratterizzati da un linguaggio dagli esiti piuttosto anticelebrativi.

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