Nessun sostegno per i musei di 15 Paesi Ue

L'inchiesta su 650 musei del Network of European Museum Organisations (Nemo)

Lo Stedelijk Museum di Amsterdam. © Door John Lewis Marshall
Luana De Micco |

L’epidemia di Covid-19 ha travolto i musei, costretti a chiudere e a rinviare o annullare le mostre. Mentre scriviamo la maggior parte è ancora chiusa, sebbene si annuncino le prossime riaperture. Quale l’impatto economico della crisi sanitaria? Per dare una prima risposta, tra marzo e aprile il Network of European Museum Organisations (Nemo), la rete delle organizzazioni museali europee, ha portato avanti un’inchiesta su 650 musei d’Europa e Stati Uniti, ma anche Iran, Malesia, Filippine, Polinesia francese.

Il bilancio è drammatico: i musei delle città turistiche prevedono perdite finanziarie fino al 75-80%, dal momento che non si esclude che, anche alla riapertura e durante l’estate, si dovranno rispettare le misure di contenimento e applicare delle restrizioni. Per grandi musei come il Rijksmuseum e lo Stedelijk di Amsterdam e il Kunsthistorisches Museum di Vienna le perdite variano tra 100mila e 600mila euro a settimana.

Stando a «Le Monde», inoltre, il Reina Sofía di Madrid ha perso 440mila euro a marzo, l’Albertina di Vienna perde 70mila euro al giorno il Centre Pompidou a Parigi 1,2 milioni di euro al mese e il Museo Egizio di Torino 600mila. Nemo stima che, a settimana, il 30% dei musei perde fino a mille euro, il 25% fino a 5mila euro, il 13% fino a 30mila euro e il 5% oltre i 50mila euro. Mancano gli introiti della biglietteria, ma anche dei bookshop, delle caffetterie ecc. e se le grandi esposizioni internazionali sono per forza di cose posticipate, molti musei dichiarano anche di dover rinviare i grandi progetti strutturali a lungo termine.

Una delle rare «buone notizie» è che circa il 70% dei musei ha fatto sapere che non ci saranno licenziamenti, anche grazie al fatto che, in questo periodo di chiusura, la maggior parte dei dipendienti, più dell’80% per oltre la metà dei musei, è in smart working. Tra le note dolenti, invece, solo i musei di 12 Paesi precisano che i rispettivi Governi preparano fondi di emergenza per la cultura, già deliberati in 8 Stati, mentre in 15 Paesi non sarebbe previsto nessun sostegno.

Più drastica la situazione negli Stati Uniti dove, stando all’American Alliance of Museum, i musei perdono 33 milioni di dollari ogni giorno e i licenziamenti invece si sono moltiplicati. Di recente «Le Figaro» ha fatto il punto. A New York, il Whitney ha annunciato 76 licenziamenti, il MoCA di Los Angeles 97, mentre il Mass MoCA-Massachussetts Museum of Contemporary Art, 120.

Se il MoMA chiude il Dipartimento educativo e licenzia un centinaio di addetti, il Metropolitan non esclude tagli, mentre l’Indianapolis Contemporary (già iMOCA) si prepara a chiudere definitivamente. Un altro dato, prevedibile ma forse non in questa misura, emerge dallo studio Nemo: oltre il 60% dei musei ha incrementato la sua presenza sul web e sui social (70%) e il 40% ha registrato un aumento dei visitatori online, in alcuni casi (il 13%) arrivando al 500% di visite in più a settimana. Sul suo sito il Louvre ha annunciato un vero boom, con le visite quotidiane online passate da 40mila a 400mila.

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