Raffigurare è umano

Gerhard Richter al Met Breuer

«Vesuvius» (1976) di Gerhard Richter. The Long View Legacy Trust, LLC © Gerhard Richter 2019 (08102019)
Federico Florian |

New York. «La volontà di raffigurare le cose, di osservarle, è ciò che ci rende umani. È così che l’arte acquisisce senso e dà forma a tale senso, come la ricerca religiosa di dio». Con queste parole Gerhard Richter, forse il più prolifico e influente pittore contemporaneo sulla scena internazionale, definisce l’essenza stessa della sua pratica: la pittura come esplorazione gnoseologica, per definirla in termini filosofici; oppure, detta altrimenti, come mezzo per conoscere la realtà e il mondo.

Ragione per cui i suoi lavori, tecnicamente ineccepibili, oscillano tra figurazione e astrazione, naturalismo e concettualismo, tutti prodotti di una sessantennale indagine sul medium pittorico, tutt’oggi ancora in corso.

Dal 4 marzo al 5 luglio il Met Breuer di New York ospita un’ambiziosa retrospettiva dell’artista tedesco (nato a Dresda nel 1932 e ora di stanza a Colonia), la maggiore in
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