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«Valley» di Oren Eliav, 2020. © Michele Alberto Sereni. Cortesia dell'artista e di Building

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«Valley» di Oren Eliav, 2020. © Michele Alberto Sereni. Cortesia dell'artista e di Building

La natura del tempo di Oren Eliav

Personale del pittore israeliano da Building

Michela Moro

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Oren Eliav (Tel Aviv, 1975) ci fa attraversare i quattro piani della galleria Building secondo un preciso percorso, cadenzato da opere che trovano la loro collocazione nel rapporto con gli spazi architettonici. La coreografia che ha immaginato è un trattato visivo sulla natura del tempo.

Intitolata «Mount Zero» e visitabile dal 15 settembre al 17 ottobre, la personale dell’artista israeliano è un percorso immersivo di ventisei opere progettate per i bellissimi spazi di Building, divise in quattro capitoli, uno per piano (partendo dal piano terra: «Foot of the Mountain», «Crossing», «Crossing at Night» ed «Equalizer»). Ci si lascia portare dalla visione dell’artista che lavora sul rapporto mentale e fisico tra spettatore e pittura. Eliav riflette sulla complessa relazione tra vedere e credere, impiegando manipolazioni visive come riflessi, cambiamenti di scala, interruzioni nella composizione, immagini speculari e prospettive molteplici.

Nel lavoro c’è decisione: «Mi piace pensare a un’opera come a un accadimento e non come a una cosa. Quando guardi un dipinto scegli tu quanto tempo dedicargli. Puoi dare un’occhiata fugace, prendere le informazioni o dare un nome a ciò che vedi (pensare per esempio “è un paesaggio”) e andare avanti», spiega l’artista. «Mount Zero» inizia a piano terra con «Foot of the Mountain». All’interno di un ampio paesaggio si è immersi in mutevoli prospettive e sottili variazioni cromatiche di immagini sincopate, che accennano a ciò che sta per svolgersi mentre ci si sposta nello spazio.

Al secondo capitolo, intitolato «Crossing», i visitatori sono accolti da un’opera a più riquadri che ribadisce l’azione intrapresa, mentre viene fugacemente introdotto l’elemento umano. Pietra, acqua e luce risuonano nella pittura grazie a pennellate e smalti delicati. Lo spazio diventa metaforico: prende forma dalla fisica, dalla storia dell’arte, dalla filosofia e dall’architettura; il passato analogico si fonde con il presente digitale attraverso la pittura a olio su tela.

Poi dal giorno si passa alla notte. L’opera «Crossing at Night», che dà il titolo alla terza sezione, è un’eloquente allucinazione, la fuga notturna di due persone: come in un sogno una trasporta l’altra, rivelano la propria essenza più umana e compassionevole, si accompagnano in un viaggio attraverso lo spazio e nel tempo. «Se l’opera funziona, la tua percezione continua a cambiare e puoi sentire e osservare quei cambiamenti. In un certo senso la pittura è un’opportunità per analizzare l’atto del guardare», osserva Eliav.

Al quarto piano della galleria si raggiunge la cima. «Equalizer» è caratterizzato da opere prevalentemente rosse ed è definito dall’artista «un momento orizzontale e neutrale di cessazione». Le cime e le gole che ci hanno accompagnato fino a questo punto s’incontrano finalmente nel mezzo, stabilizzandosi sullo stesso piano, al punto esatto corrispondente allo zero. In questo vuoto la storia sembra raggiungere un punto, che potrebbe essere quello di arrivo o di una nuova partenza. La vita sembra concludersi o posizionarsi in un nuovo inizio.

«Valley» di Oren Eliav, 2020. © Michele Alberto Sereni. Cortesia dell'artista e di Building

Michela Moro, 14 settembre 2020 | © Riproduzione riservata

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