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Cinquantotto modi di allestire una fotografia

Recentemente pubblicato da Tall Poppy Press, questo volume (a cura di Matt Dunne e Callum Beaney) non può mancare nella libreria di chi vuole spingersi oltre la semplice cornice

Rica Cerbarano

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Site Specific: Photography Exhibitions from Around the World è un nuovo libro per appassionati di mostre fotografiche. Pubblicato da Tall Poppy Press e curato da Matt Dunne e Callum Beaney, il volume illustra 58 allestimenti originali realizzati in giro per il mondo da artisti internazionali. Ciò che li accomuna è il modo con cui le fotografie vengono presentate: non come semplici stampe appese a una parete, ma elementi di vere e proprie installazioni tridimensionali che uniscono la qualità materica della scultura alla dimensione esperienziale della performance e dell’architettura.

Oggi  sono sempre più numerosi i fotografi che, per presentare le proprie opere, adottano modalità installative site specific, definizione con cui si indicano tutti quei casi in cui lo spazio espositivo influenza fortemente la trasposizione fisica del progetto fotografico; eppure la bibliografia sul tema scarseggia ancora. Site Specific: Photography Exhibitions from Around the World può aiutare a costruire maggiore consapevolezza attorno all’argomento.

Questa pubblicazione si presenta come un’antologia densa di contenuti visuali e con un apparato testuale ridotto, una sorta di enciclopedia visiva utile per chi vuole esplorare un approccio diverso dal classico «incorniciamento» dell’immagine fotografica, mostrando un’ampia gamma di processi, materiali e modi di occupare lo spazio espositivo. Tra gli artisti che compaiono nelle 172 pagine illustrate, troviamo Trent Parke, Dayanita Singh, Ying Ang, Heikki Kaski, Brett Davis, Rebecca Najdowski/Vivian Cooper Smith, Elle Pérez e l’italiana Giulia Parlato. Abbiamo intervistato Matt Dunne per farci raccontare di più sul progetto.
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Ci può raccontare come è nata l’idea del libro e da dove nasce il suo interesse verso gli allestimenti site specific?

Credo che molti di noi possano empatizzare con l’esperienza di visita di una mostra in cui ci si guarda attorno e in un colpo d’occhio sembra di aver visto tutto. Quando visito mostre mi piace venire spiazzato, interagire con lo spazio e con le installazioni. Sia io sia Callum siamo accumulatori seriali di materiale scaricato da Internet, abbiamo enormi cartelle sul computer piene di immagini salvate da siti web. Così, quando gli ho proposto l’idea di un libro su questo tema, abbiamo passato al setaccio i nostri archivi e messo insieme una sorta di «lista dei desideri» con i lavori che ci avrebbe fatto piacere presentare.
Sebbene ci siano anche progetti che hanno visto la luce nelle più grandi capitali del mondo, è stato importante per noi poter dare visibilità a ciò che sta accadendo al di fuori dei soliti circuiti.
Spesso c’è molta creatività che si esprime in luoghi non centrali che rimane inosservata; per questo motivo abbiamo incluso molti artisti provenienti dal Sud-est asiatico e dall’Australia.

Secondo lei, qual è il potenziale delle installazioni site specific?

Nelle installazioni site specific il modo in cui le persone interagiscono con lo spazio e con l’opera è più importante del semplice atto di guardare l’opera. Un esempio tratto dal libro e che ritengo davvero prezioso è il lavoro di Sybren Vanoverberghe, esposto in una stanza lunga e austera: invece di appendere le fotografie al muro, l’artista belga ha usato piccoli cavalletti in modo che per il pubblico l’effetto fosse quello di «camminare attraverso l’opera». Questa modalità installativa voleva ricreare la sensazione che l’artista aveva provato attraversando il villaggio da lui fotografato. Un semplice dettaglio come questo cambia il modo in cui il pubblico interagisce con l’opera, e dunque che cosa ne trae. Ma naturalmente gli allestimenti site specific non sono adatti a tutti i lavori o a tutti gli spazi, così come non sono necessariamente migliori di altre metodologie espositive.
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Come avete lavorato alla selezione delle mostre da presentare?
Il processo di selezione è iniziato in modo molto divertente, giocoso e intuitivo, per poi diventare progressivamente un po’ più strutturato. All’inizio, Callum e io avevamo un grande foglio di calcolo in cui ci confrontavamo. Quando abbiamo iniziato a contattare gli artisti, abbiamo deciso di non includere i nomi più conosciuti. Ad esempio, Wolfgang Tillmans è un ottimo esempio di artista che nel corso della sua carriera ha esplorato modalità espositive interessanti e non convenzionali, ma abbiamo pensato che la maggior parte delle persone che sono interessate a questo tema probabilmente lo conoscono già. Abbiamo deciso quindi di provare a spingerci a guardare oltre i lavori più noti, cercando di andare un po’ più a fondo in quello che succede oggi. Inoltre, un altro aspetto che abbiamo tenuto in considerazione è stata la qualità della documentazione delle installazioni. Ci sono mostre molto interessanti che però non sono state fotografate in maniera adeguata o in buona qualità. In quel caso abbiamo dovuto escluderle dalla selezione.

Che cosa spera di ottenere con questo libro?

Prima di tutto, spero che sia una sorta di guida di riferimento per tutte le figure che lavorano con le esposizioni, siano esse curatori, artisti, direttori o altro. Alla base di questo progetto c’è la volontà di diffondere l’idea che la fotografia non è più solo un oggetto prezioso incorniciato, ma anche una materia prima a cui si può attingere per creare altro, più simile a discipline quali la scultura, il collage, il diorama o la scenografia.

Site Specific: Photography Exhibitions from Around the World,
di Matt Dunne e Callum Beaney,  172 pp., ill. col. e b/n, Tall Poppy Press, Melbourne, 2023, € 55,00

Una delle installazioni presentate nel libro: «A Trip to Earnse Bay» («Una gita a Earnse Bay»), 2022, di Alexander Mourant e la classe 5R, scuola media di Greengate. Cooke’s Studios, Barrow-in-Furness, Regno Unito. Prodotta da BarrowFull

Rica Cerbarano, 23 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

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