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«Unearthed Bronze Eroded Melpomene» (2021) di Daniel Arsham, allo Yorkshire Sculpture Park. Il calo dei visitatori e l'aumento dei costi hanno costretto lo Yorkshire Sculpture Park a chiudere a tempo indeterminato la Longside Gallery. Foto Anthony Devlin/Getty Images.

Cortesia della Galleria Perrotin e dello Studio Arsham

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«Unearthed Bronze Eroded Melpomene» (2021) di Daniel Arsham, allo Yorkshire Sculpture Park. Il calo dei visitatori e l'aumento dei costi hanno costretto lo Yorkshire Sculpture Park a chiudere a tempo indeterminato la Longside Gallery. Foto Anthony Devlin/Getty Images.

Cortesia della Galleria Perrotin e dello Studio Arsham

La crisi delle Arti visive nel Regno Unito

Istituzioni pubbliche difficili da sostenere, debolezza dell’economia, staglfazione, tagli governativi ai finanziamenti ai musei, gallerie, università e alla formazione artistica e umanistica in generale (la prima colpita). Il settore è in una condizione di grande pericolo

Anny Shaw, Hannah McGivern, Gareth Harris

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Il settore delle arti visive inglesi sta lottando per sopravvivere. Le istituzioni pubbliche stanno chiudendo sotto il triplice peso dei tagli ai finanziamenti governativi, dell’impennata delle bollette energetiche e dell’impatto della pandemia e della crisi generata dall’aumento del costo della vita sul pubblico. Gli artisti sono cronicamente sottopagati e sfruttati sistematicamente, mentre i corsi universitari di arte vengono eliminati. Mascherato dagli affari opachi di un mercato di alto livello dalle prestazioni eccessive, anche il settore commerciale mostra segni di tensione: le imprese emergenti e di medio livello sono costrette a crescere o ad andarsene. Soffrono anche le grandi aziende, negli ultimi mesi importanti fiere d’arte, tra cui Masterpiece, hanno chiuso a causa dell’aumento dei costi aggravato dalla Brexit.

Durante la pandemia il Culture Recovery Fund del Governo, pari a 1,6 miliardi di sterline, ha evitato il collasso dell’intero settore artistico. Da allora, però, i finanziamenti dell’Arts Council England (ACE) hanno subito un forte ridimensionamento e le istituzioni londinesi hanno dovuto affrontare un taglio di 50 milioni di sterline nei successivi tre anni. Tra i più colpiti ci sono il Camden Art Centre, dove le sovvenzioni sono scese da 920mila a 600mila sterline, le Serpentine Galleries (da 1.194.000 a 708mila sterline) e il Southbank Centre (da 18,4 a 16,8 milioni di sterline). I fondi per i musei dell’Università di Cambridge sono scesi da 1.213.000 a 618mila sterline. Nell’ambito del cosiddetto «livellamento verso l’alto» delle regioni, altri musei ne hanno beneficiato, tra cui l’Arnolfini di Bristol, il cui finanziamento è passato da zero a 697mila sterline, e il Towner di Eastbourne, da 359mila a 538mila sterline.

Il presidente dell’ACE, Nicholas Serota, afferma che i tagli «riguardano un piccolo numero di istituzioni con sede a Londra. Nel complesso, osserva, l’ente sta spendendo di più in termini di cassa, soprattutto fuori Londra, e ha garantito la continuazione degli sgravi fiscali per mostre, teatro e orchestre». Tuttavia, Serota riconosce che «i costi sono aumentati, le pressioni sulle istituzioni pubbliche sono maggiori che mai e molte organizzazioni non sono in grado di fare quanto vorrebbero».

Un portavoce del Dipartimento per il Digitale, la Cultura, i Media e lo Sport (DCMS) fa notare che quest’anno un numero record di 985 organizzazioni sta ricevendo il sostegno dell’ACE. E aggiunge: «Stiamo anche sostenendo gallerie finanziate con fondi pubblici, come la National Portrait Gallery e il Young V&A con ristrutturazioni multimilionarie, per assicurarci che continuino a fornire al pubblico esperienze arricchenti».

Allo stato attuale le organizzazioni di tutte le regioni stanno affrontando decisioni critiche o, peggio, la chiusura. Si ritiene che il livellamento verso l’alto sia fallito. Per molti le attuali pressioni sui finanziamenti «sono peggiori di quanto non fossero durante la Covid», afferma Tony Butler, direttore esecutivo del Derby Museums Trust. I musei come quello di Derby sono stati schiacciati da «un effetto cumulativo di sfide finanziarie che si protraggono da quasi un decennio, dato che l’austerità del Governo ha spinto i Consigli locali inglesi a fare riduzioni di anno in anno», aggiunge. Le sovvenzioni d’emergenza per la pandemia hanno evitato una «vera e propria carneficina» nel settore, ma Butler pensa che «ci sia ora un vero e proprio dubbio sulla sostenibilità a lungo termine della cultura civica e regionale».

Tagli e chiusure

A maggio l’Università di Brighton ha annunciato la chiusura del Brighton Centre for Contemporary Arts (CCA), affermando di aver dovuto affrontare «sfide molto significative in termini di finanziamenti tra cui il congelamento quasi decennale delle tasse universitarie, nonché livelli di inflazione elevati a livello generazionale e l’impennata dei costi energetici». Si prevede che più di 100 dipendenti dell’Università perderanno il loro posto di lavoro mentre l’istituzione cerca di risparmiare 17,9 milioni di sterline.

Ben Roberts, direttore del CCA di Brighton, afferma che la voce che più influisce è quella dei tagli dei finanziamenti del Governo degli ultimi 12 anni: «la chiusura del Brighton CCA è solo uno dei risultati di questi attacchi sostenuti e politicamente motivati al settore creativo. Stiamo assistendo alla distruzione selvaggia delle nostre istituzioni e industrie creative più preziose». A maggio i vicerettori delle Università hanno avvertito il Governo che il modello di finanziamento del settore dell’istruzione superiore è «rotto» a causa dell’aumento dei costi causato dall’inflazione, sollecitando una revisione delle tasse universitarie. I dipartimenti di arte e scienze umane stanno sopportando il peso dei tagli. Recentemente è emerso che dei 36 licenziamenti accademici previsti all’Università di East Anglia, 31 dovrebbero ricadere sulla facoltà di arti e scienze umane.

L’Università di Wolverhampton ha «un programma continuo di chiusura di corsi e di licenziamenti», afferma Aidan Byrne, responsabile della materia Letteratura inglese ed ex presidente della sezione dell’University and College Union (UCU). Citando un deficit di 20 milioni di sterline, l’Università ha sospeso circa 140 corsi di laurea e post-laurea per l’anno accademico 2022-23. «Le arti dello spettacolo e le arti visive sono state le prime prese di mira», afferma Byrne, stimando che tra un terzo e la metà dei corsi di arte e design sono stati eliminati. «Alla popolazione locale viene negata l’opportunità di entrare a far parte del mondo dell’arte, restringendo l’accesso ai benestanti». Il quadro è simile in tutte le regioni. Clare Lilley, direttrice dello Yorkshire Sculpture Park (YSP), afferma che l’affluenza non si è ripresa dopo la pandemia. «È un momento molto precario per molte organizzazioni che dipendono dall'affluenza», afferma sottolineando che l’anno scorso la maggior parte di esse ha vissuto un «periodo terribile», con visite generalmente inferiori del 23% rispetto al pre pandemia. «Il livellamento verso l”alto non ci ha toccato, afferma. Le persone nella nostra regione stanno limitando le spese, il che si ripercuote sulle vendite dei biglietti e sulla spesa in loco».

Questo, insieme all’aumento dei costi, ha portato YSP a chiudere a tempo indeterminato la Longside Gallery nella primavera del 2022, facendo funzionare la Bothy Gallery solo in alta stagione. Nel luglio 2020 YSP ha introdotto il biglietto d’ingresso. «All’epoca non sapevamo se saremmo sopravvissuti, afferma Lilley. La biglietteria è ora una pietra miliare del modello commerciale di YSP. I finanziamenti dell’ACE sono fermi da 14 anni: l’organizzazione riceve dal governo solo il 17% delle sue entrate. Anche i costi dell’energia sono in aumento: quest’anno le bollette sono raddoppiate, raggiungendo le 300mila sterline». L’aumento dei costi si ripercuote su altre aree dell’azienda, tra cui i prezzi più alti dei prodotti alimentari e i costi della sicurezza. «La spesa per i trasporti è enormemente aumentata, afferma Lilley, una voce di bilancio importante per l’allestimento di nuove mostre». In futuro, si privilegeranno «progetti che spingono il pubblico rispetto a mostre più rischiose».

La commissione estiva di Helen Cammock per il CCA di Brighton è stata cancellata dopo la chiusura del centro

Rivalutazione dei modelli di business

Tra le altre gallerie e musei regionali costretti a rivalutare le proprie attività vi è il Kettle’s Yard di Cambridge, mentre il Sainsbury Centre di Norwich, che fa parte dell’Università dell’East Anglia, ha introdotto un modello di pagamento volontario. Il Fitzwilliam Museum, che fa parte dei Musei dell’Università di Cambridge insieme al Kettle’s Yard e ad altri sei, sta valutando se l’ingresso gratuito sia sostenibile per alcune mostre, secondo il suo direttore Luke Syson. Il Fitzwilliam non riceve più alcun finanziamento dedicato dall’ACE ed è stato anche respinto per una sovvenzione Transform, destinata a coloro i cui finanziamenti ACE sono stati ridotti. Syson afferma che l’istituzione cercherà ora di ottenere il sostegno di filantropi e aziende per i suoi programmi.

Anche i musei più grandi devono orientarsi verso nuove fonti di finanziamento. Tristram Hunt, direttore del Victoria and Albert Museum (V&A), afferma che la sua istituzione è diventata «ancora più imprenditoriale», dato che la percentuale di fondi pubblici destinati ai musei nazionali «diminuisce in termini reale il numero di visitatori rimane in calo». Il DCMS fornisce poco meno del 50% del bilancio operativo del V&A. Di conseguenza il museo ha ampliato la sua base di soci e la cerchia dei mecenati, ha stretto partnership con aziende tecnologiche e mediatiche come Adobe e Google per iniziative online e didattiche e ha sviluppato sponsorizzazioni commerciali con grandi marchi come Net-a-Porter e Gucci. Inoltre, osserva Hunt, «il V&A ha riaffermato il suo rapporto con i principali partner filantropici, famiglie, trust e fondazioni, oltre a compiere forti progressi nel noleggio ad aziende e nelle licenze di marchi».

Preoccupazioni sono state sollevate per i confini sfumati di alcuni legami politici. A giugno l’ex co-presidente del partito conservatore Ben Elliot, che è anche un fiduciario del museo, ha dovuto affrontare le accuse di aver «minato la neutralità politica» del V&A contribuendo all’organizzazione di un ballo invernale del partito conservatore. Secondo il codice di condotta, nel loro ruolo pubblico i membri del consiglio di amministrazione «non dovrebbero occupare una posizione politica di partito retribuita o ricoprire un ruolo particolarmente sensibile o di alto profilo in un partito politico. Inoltre, non devono utilizzare, o tentare di utilizzare, l’opportunità del servizio pubblico per promuovere i propri interessi personali o quelli di qualsiasi persona, azienda, impresa o altra organizzazione collegata». Un portavoce del V&A ha fatto notare che gli eventi del partito conservatore tenutisi al V&A «erano entrambi affitti standard di spazi aziendali del V&A e sono stati appaltati e gestiti dal team del museo che si occupa degli eventi aziendali».

Il mercato rallenta

Nella prima metà del 2023 il mercato dell’arte ha iniziato a passare a una nuova fase. Alcune aree, come il mercato ultracontemporaneo, si sono nettamente raffreddate, mentre altre sono diventate più lente. Finora la percezione era che il livello più alto fosse immune dalle vicissitudini del mondo reale. Nel tentativo di mantenere questa bolla, le grandi gallerie e le case d’asta stanno creando strutture commerciali sempre più complesse. La società madre di Phillips, di proprietà russa e con sede a Londra, è passata da una società registrata alle Seychelles a una registrata nelle Isole Vergini britanniche, fiscalmente più vantaggiose, poco prima che la Russia invadesse l’Ucraina nel febbraio 2022. Nel frattempo, a febbraio, la galleria White Cube, con sede a Londra e Hong Kong e in rapida crescita, ha registrato una società con sede a Jersey sotto il controllo del proprietario Jay Jopling.

Altre gallerie stanno assumendo finanziatori, una pratica comune, anche se raramente pubblicizzata. Durante Art Basel, a giugno, il gallerista francese Emmanuel Perrotin ha annunciato la vendita di una quota del 60% della sua galleria a Colony Investment Management. Ellie Pennick, che ha aperto la Guts Gallery di Londra tre anni fa, sostiene che le gallerie più piccole senza finanziatori sono nel panico. «Senza questi investimenti, osserva, le imprese più giovani non saranno in grado di crescere e gli artisti si sposteranno verso le blue-chip». Le gallerie più piccole e di medio livello sono spesso le prime a essere schiacciate dalla crisi economica, ma anche i grandi calibri stanno sentendo il peso della crisi. La vendita serale di Christie’s del XX/XXI secolo, tenutasi a giugno a Londra, ha realizzato solo un terzo dell’evento analogo dello scorso anno e non ha raggiunto le stime pre-asta.

Lo studioso del mercato dell’arte James Goodwin suggerisce che l’intero settore è destinato a un percorso accidentato. Ritiene che i tassi di interesse rallenteranno le economie britanniche, statunitensi ed europee «probabilmente fino al punto di recessione e per un periodo di tempo prolungato». L’effetto a catena di un periodo di stagflazione si farà sentire in modo acuto sul mercato. Come afferma Goodwin: «Le prospettive di reddito futuro delle aziende sono basse, il che significa che ci sarà meno ricchezza in eccesso per acquistare arte».

Questo, unito a un probabile aumento della tassazione e a significativi cambiamenti di gusto dovuti al grande trasferimento di ricchezza, presenta un quadro preoccupante. Forse non c’è momento migliore per ripensare al modo in cui l’ecosistema dell’arte valorizza tutti i suoi componenti, e per far sì che i leader politici riconoscano che i nostri musei, le nostre università, le nostre gallerie e i nostri artisti sono tra le nostre più grandi risorse come nazione.

Anny Shaw, Hannah McGivern, Gareth Harris, 21 luglio 2023 | © Riproduzione riservata

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