Daniela Vartolo
Leggi i suoi articoliProsegue fino al 18 giugno allo Studio La Città la prima personale di Esther Mathis, intitolata «Isolated Systems» e curata da Angela Madesani ed Erik Morse
L’artista (classe 1985) utilizza come punto di partenza per le sue opere alcuni assiomi scientifici (la rifrazione della luce, la conduttività elettrica o l’entropia) per indagare nel profondo le relazioni tra uomo e natura, cercando un rapporto tra caos e regola.
La prima installazione ospitata nella penombra della drawing room si intitola «Isolated Systems Vol. 1»: l’artista svizzera propone una sorta di esperimento infantile unendo tra loro 500 patate in circuiti chiusi collegati a una fonte di luce led. Nel corso del tempo le patate perderanno la loro conduttività fino a diventare rifiuti e affievolendo così la luce nella sala. La seconda installazione, «Isolated Systems Vol. 2», che occupa il pavimento della video room, è una serie di torri di lastre di vetro stratificate (dai 5 centimetri al metro), costruite con un vetro povero che si rompe facilmente, con un punto di colla tra una lastra e l’altra: un gioco visivo dove la colla trasparente diviene un foro profondo nelle torri. Il tutto sottoposto al gioco sottile della luce.
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