Daniela Vartolo
Leggi i suoi articoliProsegue fino al 7 febbraio presso Valmore Studio d’arte la mostra «Emilio Cavallini. Opere dagli anni ’70 ad oggi», che raccoglie venticinque opere tridimensionali con tecniche e materiali inusuali e mutuati dal mondo della moda, come tessuto poliammidico, fili di nylon e cilindri di cartone che fungono da bobine per i filati.
Cavallini (San Miniato, 1945) inizia a dedicarsi alla moda e all’arte già negli anni Sessata, quando s’impone grazie alla sua innovativa percezione della calza che caratterizza l’abito e ridefinisce la donna valorizzandola.
Sempre in bilico tra la ricerca artistica e quella produttiva, elabora le sue creazioni grazie allo studio della matematica e dell’architettura, componendo oggetti piatti o concavi, di grandi dimensioni o contenuti dai colori vivi, utilizzando l’universo della calza prodotta dalla sua azienda. Il suo stile avanguardistico nel rilanciare questo accessorio femminile lo porta a collaborare con i più importanti marchi del mondo della moda e a frequentare gli ambienti artistici internazional. Solo nel 2010 Cavallini sceglie di mostrare al pubblico le sue opere.
La mostra, curata da Monica Bonollo, illustra la progettualità della sua ricerca basata su elementi geometrici: punti, linee, cerchi, quadrati e triangoli, organizzati nello spazio secondo leggi combinatorie o algoritmi danno vita a strutture frattali, catastrofiche, diagrammi, attrattori, come testimoniano i titoli delle opere, che sono esposte in contemporanea anche in due personali a New York (Rosai e Ugolini Gallery) e a Parigi (Opera Gallery).
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