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«Ezra Pound» (1966) di Lisetta Carmi © Lisetta Carmi - Martini & Ronchetti

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«Ezra Pound» (1966) di Lisetta Carmi © Lisetta Carmi - Martini & Ronchetti

Lisetta Carmi ha vissuto cinque vite

Il ricordo del lavoro e dell’umanità della fotografa scomparsa quest’estate scritto da Alessia Venditti, che negli ultimi anni ha vissuto a stretto contatto con lei

Alessia Venditti

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Mi è capitato spesso di parlare e scrivere di Lisetta Carmi (1924-2022) prima della sua scomparsa e l’ho sempre fatto confrontandomi con lei. Queste righe non intendono tuttavia cedere il passo al sentimento di malinconia tipico di una separazione, ma vogliono ripercorrere il percorso condiviso con quest’artista straordinaria.

Per un anno e mezzo, a partire dal 2009, ho infatti lavorato fianco a fianco con Lisetta, poiché il suo lavoro è stato l’oggetto della mia tesi di laurea in storia della fotografia, nonché l’avvio della mia formazione in tale materia. Ricordo con precisione quando, dopo una breve conversazione telefonica, mi ha accolto nella sua casa di Cisternino in Puglia, luogo in cui viveva e dove aveva creato nel 1979 l’Ashram Bhole Baba. C’era una grande scala bianca che, nonostante l’età, lei percorreva da maratoneta.

Sulle note del «Clavicembalo ben temperato» abbiamo parlato di molte cose, anche di Ramin Bahrami che sapeva, a detta sua, interpretare Bach meglio di tutti. Durante quell’incontro non si è discusso di fotografia, che avrei scoperto più tardi essere per lei, come la musica, solo uno strumento di indagine. Lisetta ha infatti inseguito «la verità della vita delle persone» come unico fine manifesto di tutta la sua produzione artistica, posta al servizio dell’umanità.

Nell’esistenza di Annalisa Carmi, nata a Genova nel 1924 da una famiglia di origine ebraica, si sono incontrate cinque vite (come da titolo del volume di Giovanna Calvenzi del 2013 per Bruno Mondadori): la musica, la fotografia, lo studio dell’assenza, la scrittura cinese e quella con il maestro Babaji. Nel 1938, a 14 anni, a causa delle leggi razziali, fugge in Svizzera. Tornata in Italia si diploma in pianoforte e comincia a tenere concerti riscuotendo successo. Il 30 giugno 1960, però, quando vuole prendere parte alle manifestazioni contro il congresso del Msi a Genova e il suo maestro They cerca di impedirglielo, abbandona la musica.

Vuole conoscere le persone da vicino e più in generale l’umanità dimenticata, e per farlo decide di servirsi della fotografia. Si reca dunque a San Nicandro Garganico, in provincia di Foggia, per studiare i canti di una comunità ebraica che in quel luogo risiedeva fin dal 1920. Alla vista di queste fotografie, tornata a Genova, un amico le aveva dichiarato: «Sembri Cartier-Bresson» e lei, con il suo fare scanzonato e schietto, avrebbe risposto: «Allora farò la fotografa!».

Nel 1962 per e con Luigi Dallapiccola realizza il «Quaderno musicale di Annalibera» nel quale, mediante il segno grafico su pellicola, riesce a unire due delle sue passioni: la musica e la fotografia. A Genova fotografa il Teatro Duse e il lavoro dei camalli, un parto all’Ospedale Galliera e il cimitero di Staglieno. Poi viaggia moltissimo: racconta la Sardegna rurale, la Métro di Parigi, Ezra Pound a Sant’Ambrogio di Rapallo (per cui vince il «Prix Nièpce Italia» nel 1966), i Provos nei Paesi Bassi, l’alluvione di Firenze, i bambini venezuelani e l’India.

Nel 1965 comincia a ritrarre i travestiti del vecchio ghetto ebraico di Genova e ne diviene amica e confidente. Sette anni dopo Sergio Donnabella pubblica a sue spese il volume a loro dedicato. È il reportage più celebre di Lisetta Carmi che realizza in accordo con i soggetti ritratti, mentre cerca di ridefinire il proprio ruolo di donna. «Acque di Sicilia», edito da Dalmine nel 1977 con i testi di Leonardo Sciascia, sarà il suo ultimo lavoro fotografico.

Sono certa che gli artisti che vogliano oggi approcciarsi alla fotografia come strumento di narrazione privo di compromessi possano trovare in queste immagini un vocabolario di segni liberi, un atlante di come si possa fare arte senza schemi o restrizioni. Lisetta Carmi vivrà nella dirompenza del suo operato e saprà suggerire alle generazioni di giovani creatori come salvaguardare con tenacia ogni tentativo consapevolmente interdisciplinare o proposito integro e leale.

Occasione preziosa per l’artista contemporaneo, neofita o estimatore che voglia accostarsi a lei, sarà la mostra «Suonare forte. Lisetta Carmi» presso le Gallerie d’Italia di Torino dal 22 settembre al 22 gennaio 2023. Sarà Giovanni Battista Martini, amico di Lisetta e curatore del suo archivio, a rivelare tutta la libertà che ha pervaso le cinque vite di questa straordinaria creatura.
 

«Il porto, Lo scarico dei fosfati, Genova» (1964) di Lisetta Carmi © Lisetta Carmi - Martini & Ronchetti

Alessia Venditti, 19 settembre 2022 | © Riproduzione riservata

Lisetta Carmi ha vissuto cinque vite | Alessia Venditti

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