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Tutto su mio padre

Adelphi ripropone il ritratto che il regista Jean Renoir fece del celebre genitore

Luca Scarlini

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Jean Renoir (1894-1979) è stato uno dei registi centrali del Novecento: il suo sguardo, nitido e crudele, ha spesso dialogato con quello dell’illustre padre pittore Pierre-Auguste (1841-1919). Nel 1962 pubblicò Renoir mio padre, che ora Adelphi rimanda opportunamente in libreria, a molti anni dalla ultima uscita in Italia (traduzione di Roberto Ortolani,  434 pp., € 22,00). Qui presentava il risultato di conversazioni antiche e di una ampia ricerca di dati e informazioni durata per tutta la sua maturità. Il risultato è una scrittura felice, coinvolgente, in cui l’itinerario dell’uomo votato all’arte è dato al di fuori di qualsiasi quadro ideologico.

Non si tratta quindi certo di una visione dell’Impressionismo, ma del ritratto in piedi di un artista che non vuole essere inquadrato in movimenti estetici. Colpisce specialmente il ricordo di una Parigi ancora in buona parte agreste: di un mondo di case ordinate di artigiani, dediti a trovare vie di sfuggire a una industrializzazione che metteva in discussione la loro realtà. Il suo apprendistato fu tra la decorazione della ceramica e la pittura di tele da tenda a soggetto religioso per missionari che avevano necessità di creare vetrate provvisorie per templi nell’Estremo Oriente.

L’intera esistenza di Renoir viene narrata alla luce dell’operosità, fino agli ultimi tempi, quando era afflitto da gravi malanni fisici. Il suo libro di riferimento rimane sempre la Natura. Nei dialoghi tenuti con il figlio che è tornato ferito dal conflitto (e che compare in copertina insieme al genitore in uniforme) e costretto alla quasi immobilità come lui, risuonano linee di ricerca che torneranno nei film dell’autore de La regola del gioco e il dialogo a due si dipana ricostruendo i dati ambientali di una avventura della visione che continuamente torna agli elementi della realtà. Ben lo spiega l’insistenza dell’artista a dichiarare l’Impressionismo figlio dell’epoca dei colori in tubetto che avevano cambiato per sempre il lavoro dell’artista.

La copertina del volume

Luca Scarlini, 14 dicembre 2015 | © Riproduzione riservata

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