Dietro al titolo «Stazionari Altrove», mostra che comprende lavori recentissimi di Loris Cecchini (Milano, 1969), Vincenzo Schillaci (Palermo, 1984), Marco Tirelli (Roma, 1956) e Matteo Montani (Roma, 1972), da Otto Gallery Arte Contemporanea (curata da quest’ultimo autore e visibile dal 7 ottobre al 15 dicembre), si cela uno dei temi più cavalcati dalla ricerca artistica di ieri e di oggi.
Il binomio tra creazione artistica e mondo naturale è ovviamente alla base dell’espressione creativa di ogni tempo, ne costituisce le fondamenta fin dalle pitture rupestri del Paleolitico Superiore che hanno per soggetto uomo e animali, con figure che la mano umana adattava alla morfologia della caverna.
Facendo un salto di millenni, va ricordato che il paesaggio naturale è fonte di interesse già nel Rinascimento, anche se faceva perlopiù da «cornice» alle figure. Tutto è iniziato a cambiare tra fine Cinquecento e primi Seicento per raggiungere un punto di svolta in epoca romantica quando il binomio arte-natura è diventato indissolubile, basti pensare ad artisti come Friedrich, Turner, Constable.
Nel recente passato è stata poi la Land Art a rendere bene chiaro, e radicale, il rapporto tra opera d’arte e natura. Alla Otto Gallery, i quattro artisti selezionati per il percorso espositivo rappresentano, ognuno a proprio modo e con le proprie caratteristiche, quell’energia instancabile erogata dalle forze della natura.
La mostra seguendo la storia novecentesca, si appoggia a due numi tutelari, il celebre «Non rendere il visibile ma rendere visibile» di Paul Klee e la lezione del filosofo Gilles Deleuze quando si occupa dell’opera di Francis Bacon.
Tenendo a mente l’«invisibile» di Klee e la potenza visiva e gestuale del grande artista britannico, gli artisti si focalizzano anche su una domanda di non semplice risposta: «si può considerare l’elemento trascendente come una forza della natura?» La risposta visiva arriva proprio dalle opere esposte.
Si va dai grandi lavori «Senza titolo», tecnica mista su tela e acrilico, prodotti da Marco Tirelli all’olio e polvere di alluminio su tela «Piccola vertigine» di Matteo Montani. Di Loris Cecchini sono esposti «Aeolian Landforms», opera realizzata con resina epossidica, fibra di nylon, cornice di alluminio e «Aeolian Landforms (Azrenga)» mentre di Vincenzo Schillaci «Phantasma #22 (D’ovvio rumore)», «Phantasma #23 (Di giorni e parole dette)», calce, gesso, pasta di quarzo, pigmenti, inchiostri, spray e finitura marmorea su tavola, e «Phantasma #27 (M’acceca il sole)», quadri stratificati, materici, dal forte impatto visivo.