Dell’interno di un bar resta quasi solo la luce gialla delle lampade e qualche ombra, appena accennata. A volte l’impressione scende più nel dettaglio, ma è certo che si tratta, appunto, di impressioni colte sul luogo, disegnate o dipinte sul momento. Questa poetica è alla base del lavoro della giovane pittrice newyorkese Izzy Barber di cui lo Studio d’Arte Raffaelli di Trento (fino al 12 dicembre) presenta una selezione di opere recenti, e in parte inedite, nella sua prima personale italiana, «Waiting game».
Nata nel 1990 a Gowanus, quartiere nella parte nord-occidentale del borough newyorkese di Brooklyn, sede di molti atelier e gallerie d’arte, Izzy Barber, dopo la New York Studio School e la laurea in Studio Arts and Human Rights al Bard College, è stata allieva e poi assistente di Francesco Clemente.
Le sue piccole opere sono frammenti di realtà, colti più che «en plein air», come scrive Stefano Castelli nel catalogo che accompagna l’esposizione, «en plein milieu: sul posto, in presa diretta, all’aperto o spesso al chiuso, sui mezzi pubblici, nei bar oppure per strada, ovvero dove la vita quotidiana è più serrata, affollata e intensa».
La sensazione di immediatezza è più forte negli scenari urbani, quelli che in mostra sono rappresentati dalle serie «Bar», «Bus», «Subway», con quelle viste diagonali che mettono in fila gomiti appoggiati sui banconi, braccia appese alle maniglie che intralciano la visione, tese di cappelli calati sulla fronte, con particolari appena accennati. Questo modo di dipingere è «fatto di stratificazioni che partono da pennellate istintive e immediate, per arrivare a ogni tocco a una definizione sempre più puntuale», come fa notare Camilla Nacci.
L’approccio non cambia di fronte ai paesaggi naturali. Dell’«impressionista post litteram» o, se si preferisce, della pittrice neoromantica, capace di personalizzare e introiettare la sensazione del momento, questa mostra raccoglie una trentina di tele e una quindicina di acquerelli su carta.