«Le nez 1947» (versione del 1949), di Alberto Giacometti. Fondation Giacometti. © Succession Alberto Giacometti | Adagp, Parigi, 2023

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«Le nez 1947» (versione del 1949), di Alberto Giacometti. Fondation Giacometti. © Succession Alberto Giacometti | Adagp, Parigi, 2023

Tutti i nasi di Giacometti

Esposte all’Institut Giacometti le cinque versioni de «Il naso», per la prima volta tutte insieme, in compagnia di quattro artisti contemporanei che anche loro hanno affrontato il tema del naso

«Il naso», l’enigmatica scultura di Alberto Giacometti, che l’artista svizzero (1901-66) rielaborò per diversi anni tra il 1947 e il 1964, è al centro della mostra autunnale dell’Institut Giacometti, in occasione dei 20 anni dell’istituzione.

La mostra parigina, curata da Hugo Daniel, dal 7 ottobre al 7 gennaio 2024 riunisce per la prima volta cinque versioni della famosa scultura, tre gessi (del 1947, del 1949 e del 1964), conservati alla Fondation Giacometti e al Centre Pompidou, che ha prestato il suo, e due bronzi (del 1964), con un prestito dalla Justin Sun Collection.

Il primo «naso» di Giacometti, arrivato giovanissimo a Parigi nel 1919, dove conobbe il Cubismo e il Surrealismo, risale al 1947, nel periodo particolare della sua carriera in cui l’artista cominciò a scolpire figure umane, ritratti a mezzo busto e a busto intero, figure sole, immobili o in movimento, ma dai corpi allungati, sempre più stretti, fino a diventare filiformi.
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Si trattava di una testa dal lunghissimo naso, in gesso, sospesa a un filo e chiusa in una gabbia metallica. Fu esposta per la prima volta l’anno seguente, a New York, alla prima monografica dedicata a Giacometti dalla Pierre Matisse Gallery, presentata su uno piedistallo di gesso. In questa prima versione, il naso era a spirale e si vedevano la lingua, con la bocca aperta, e gli occhi.

Nelle versioni successive, anche quelle realizzate in bronzo, l’altro materiale prediletto di Giacometti insieme al gesso, gli occhi e le orecchie sono via via scomparsi e il lungo naso si è affinato. Anche il piedistallo fu poi soppresso.

«Il naso» è un’opera inquietante che, se ricorda inevitabilmente uno dei personaggi più popolari delle favole dell’infanzia, Pinocchio, il burattino di legno di Collodi, è anche una riflessione sulla morte, tra le più impressionanti di quelle proposte da Giacometti, come anche «Testa su stelo» (sempre del 1947) e «Testa-cranio» (1934), che appartengono sempre alla Fondazione, e sono esposte a loro volta lungo il percorso, insieme a documenti d’archivio, disegni, schizzi, oltre che una selezione di busti realizzati del fratello di Alberto, lo scultore Diego Giacometti.

L’Istituzione del quartiere parigino di Montparnasse, che si trova a poche traverse dal piccolo studio dove Giacometti visse e lavorò fino al 1966, ha ottenuto poi un prestito del museo parigino del Quai Branly, dedicato alle civiltà non occidentali, creando un ponte tra l’opera surrealista di Giacometti e alcuni oggetti della tradizione africana o oceanica, in particolare le maschere rituali della Nuova Guinea.
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Una seconda sezione della mostra analizza l’eredità dell’opera di Giacometti, «icona dell’arte moderna, che annuncia anche le premesse dell’arte contemporanea», ha scritto l’istituzione in una nota, allestendo le opere di quattro artisti contemporanei che hanno ripreso e rivisitato il tema del naso. Di Annette Messager è l’ironico «Combat de nez» (2018), mentre l’installazione di Ange Leccia è un’opera luminosa che gioca con l’anamorfosi. Hiroshi Sugimoto propone con «The Nose» (2018) un’immagine spettrale in stile teatro d’ombre. In «La Nuit» (2018) Rui Chafes ha creato una grande e affilata maschera di ferro che fa da scudo intorno ad una fragile versione in gesso del «Naso».

«Combat de nez» di Annette Messager (2018) © Succession Alberto Giacometti

«La Nuit» (2018) di Rui Chafes. Foto Ernst Scheidegger © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zurigo

Luana De Micco, 06 ottobre 2023 | © Riproduzione riservata

Tutti i nasi di Giacometti | Luana De Micco

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