Gloria Gatti, Vincent Noce
Leggi i suoi articoliChi è l’autore di un’opera d’arte? L’artista che la concepisce o l’artigiano che la realizza? In Francia, Paese in cui il diritto d’autore è considerato sacrosanto, un tribunale parigino è stato chiamato a rispondere a questa domanda. L’8 luglio, il tribunale ha respinto la richiesta di Daniel Druet di essere considerato «unico autore» di otto sculture realizzate in cera, resina poliestere e fibra di vetro tra il 1999 e il 2006 su committenza della galleria francese Perrotin, per conto dell’artista Maurizio Cattelan. Druet aveva anche chiesto un risarcimento di 6 milioni di euro.
La questione per il momento è destinata a rimanere irrisolta, la domanda di Druet è stata dichiarata «irrecevable» ossia inammissibile per «non aver citato Maurizio Cattelan, presunto autore» e al momento unico titolare del diritto di paternità delle opere pubblicate a suo nome, ma soltanto il committente dell’opera, la galleria francese Perrotin, e il museo de la Monnaie de Paris in cui le opere erano state esposte alla mostra monografica «Not afraid of love» (2016).
In sentenza, il tribunale parigino ha evidenziato come fosse pacifico e «non contestato che le precise direttive per mettere in scena figure di cera in una configurazione specifica, soprattutto per quanto riguarda il loro posizionamento all'interno degli spazi espositivi con l'intenzione di giocare con le emozioni del pubblico (sorpresa, empatia, divertimento, repulsione, ecc.) provenissero solo da Cattelan», così come è altrettanto pacifico che Druet fosse lo scultore che ha realizzato le opere in cera e «non è in grado, né ha cercato di farlo, di arrogarsi la minima partecipazione alle decisioni riguardanti il dispositivo scenico per il posizionamento di queste effigi (scelta dell'edificio e dimensioni delle stanze che ospitano un certo carattere, direzione dello sguardo, illuminazione, persino distruzione di una finestra o di un parquet da realizzare».
Alla luce di quanto emerso nel processo, a Cattelan, oltre che la paternità dell’idea, sembra potersi riconoscere anche la regia. Se questo basti per essere unico autore continueremo a domandarcelo. Nell’attesa di leggere la sentenza per esteso non ancora pubblicata (aggiornamento: leggi la sentenza), ci sembra di poter dire che andrebbero fatte valutazioni differenti per ogni singola opera. Se per «La nona ora», ad esempio, l’importanza della mise-en-scène del papa travolto dal meteorite potrebbe avere una forza tale da ritenerla una nuova opera trasformativa della scultura creata dal ceroplasta, per altre, la Supermodel («Stephanie») ad esempio, non ci pare che le scelte espositive esorbitino quelle che di norma sono scelte curatoriali e che alcuna implicazione hanno sul diritto di paternità.
«Le opere sono sempre state presentate a nome di Cattelan. Solo lui si occupava della loro messa in scena», un compito che Druet «non era in grado di svolgere», ha sentenziato il tribunale. Lo stesso artigiano francese avrà comunque la possibilità di appellarsi alla decisione del tribunale. Druet ha lavorato decenni per realizzare le figure di cera delle celebrità per il Musée Grévin, l’equivalente parigino di Madame Tussauds.
Il mercante francese di Cattelan, Emmanuel Perrotin, rimase colpito dall’effigie di Papa Giovanni Paolo II realizzata da Druet al Grévin. Maurizio Cattelan gli chiese così di realizzare una statua del pontefice e nel 1999 nacque «La Nona Ora», un’installazione scultorea che mostrava il papa steso a terra, apparentemente colpito da un meteorite. Druet ha poi ricevuto una serie di commissioni dall’artista concettuale, tra cui un’inquietante statua di un ragazzo inginocchiato che sembrava essere un giovane Adolf Hitler, «Him» (2001).
Il rapporto di lavoro tra Druet e Cattelan si fece teso quando lo scultore francese aumentò i costi per i restauri delle opere di Cattelan a cifre che Perrotin considerava «esorbitanti». Le parti cessarono di lavorare insieme e Cattelan commissionò ad altri artigiani la realizzazione delle sue statue, tra cui una ulteriore versione de «La Nona Ora».
Il caso, che ha coinvolto anche Perrotin, è stato seguito con attenzione per le sue implicazioni potenzialmente enormi per tutti gli artisti che si affidano a collaboratori per l’esecuzione parziale o totale delle loro opere. Il caso giunge in un momento in cui in generale, comunque, gli artisti sempre più spesso riconoscono il lavoro di artigiani e collaboratori sulle loro opere nei cataloghi o nelle didascalie delle mostre.
All’udienza del 13 maggio, le troupe dei media erano così numerose che il tribunale ha dovuto spostarsi all’ultimo minuto in una sala più grande. Cattelan non si è presentato. Druet ha affermato di aver ricevuto solo «vaghe indicazioni» da Cattelan e di essere stato libero di dare il suo tocco personale alle figure. «È unico, non è stato un semplice esecutore, ha una certa magia artistica» ha detto l’avvocato di Druet, Jean-Baptiste Bourgeois, osservando che «Cattelan stesso ammette di non saper disegnare, dipingere o scolpire».
Nella loro decisione di venerdì pomeriggio, i giudici hanno controbattuto che Druet aveva ricevuto indicazioni precise sull’aspetto e sulle misure delle opere, talvolta al millimetro. L’avvocato della Galleria Perrotin, Pierre-Olivier Sur, ha insistito sul fatto che la messa in scena era tutta opera di Cattelan, compresa la posa della figura del papa sul pavimento, il taglio delle gambe, il bloccaggio sotto una pietra e la frantumazione di un baldacchino di vetro sopra di essa.
La galleria ha fatto notare che Druet è stato pagato più di 141.000 euro per il suo lavoro con Cattelan nel corso della loro collaborazione. «La realizzazione dell’opera è secondaria rispetto alla sua concezione», ha dichiarato l’avvocato di Cattelan, Eric Andrieu. Per Sur, la protezione della «proprietà intellettuale» di un artista è ancora più significativa nell’era dell’«arte concettuale», quando alcuni artisti immaginano le loro opere ma non fabbricano gli oggetti stessi.