Beatrice Cumino
Leggi i suoi articoliIl giornalista Manuele Bonaccorsi ha anticipato a «Il Giornale dell’Arte» il servizio curato da lui e da Federico Marconi in onda domenica 15 ottobre alle 20.55 su Rai 3. La puntata sarà un’inchiesta sulla Collezione di Gianni Agnelli e sulla dispersione delle opere prima e dopo la sua morte nel 2003, proprio nel momento in cui il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi sta lavorando per aggiornare le regole in materia di esportazione di opere d’arte Report affronta temi non risolti e di grande attualità.
La Collezione Agnelli è da tempo al centro di una disputa ereditaria tra la vedova Marella (anch’essa scomparsa), con i nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann, contro i quali ha ricorso la figlia di Gianni e Marella, Margherita. Una collezione di 636 opere d’arte moderna e contemporanea, con nomi illustri come Monet, Picasso, Bacon, Balthus, Canova e Balla, costituisce il patrimonio in causa, di valore, oltre che artistico, elevatissimo dato il gusto della celebre coppia, che era stato interamente schedato negli inventari compilati in occasione del processo testamentario avvenuto nel 2004 in Svizzera e poi riposti in cassaforte.
Precisa Manuele Bonaccorsi: «La procura di Milano ha aperto un’indagine in seguito alla denuncia di Margherita Agnelli che accusa i suoi tre figli di “furto e ricettazione” di alcune opere che, dopo la morte di Marella Caracciolo, sarebbero state per diritto ereditario di sua proprietà. “Report” è in possesso di un elenco parziale delle opere finite nell’indagine milanese. Non si tratta di quisquilie ma di opere rilevanti, come “Il mistero e la melanconia di una strada” di de Chirico del 1914, di cui esiste un rifacimento degli anni ’60 al Museo Bilotti, ma quello appartenuto all’Avvocato era il primo. Ma anche la “Scala degli addii” di Balla, uno dei suoi quadri più importanti, il “Pho Xai” di Jean-Léon Gérôme e “La Chambre” e il “Nude Profile” di Balthus. Questi ultimi erano stati esposti nel 2015 alle Scuderie del Quirinale e non era forse compito della Soprintendenza verificare che le opere fossero da tutelare?».
Bonaccorsi prosegue: «Abbiamo ottenuto tutte le liste delle opere segnate durante il processo testamentario del 2004 che si è svolto in Svizzera, conservate in una cassaforte che siamo riusciti a farci aprire. Ora, la domanda cruciale è: dove si trovano queste opere d’arte? Sono state detenute nel rispetto del Codice dei Beni Culturali? Le Soprintendenze e il Ministero della Cultura erano a conoscenza di questo elenco di opere? Hanno potuto valutare quali andavano tutelate? Ci sono opere che hanno lasciato il territorio nazionale per finire all’estero? E se si, è stato fatto con o senza autorizzazione?». Il giornalista insiste: «Ci siamo rivolti al Ministero per chiedere se si fossero accertati che le opere oggetto del contenzioso avessero permessi di esportazione o atti di notifica ma, non avendo ottenuto risposta, “Report” ha fatto una richiesta di accesso agli atti, per conoscere quali fossero le opere notificate e quali quelle che hanno lasciato il territorio nazionale secondo l’archivio del Ministero dei Beni Culturali. Quest’ultimo ci ha infine concesso l’accesso agli atti ma siamo stati fermati dai tre eredi Elkann che hanno fatto ricorso al Tar. Ciononostante siamo riusciti a far filtrare molte informazioni che riveliamo nella puntata in onda domenica sera».
Come riportato nel comunicato stampa di «Report», grazie all’analisi incrociata di decine di documenti inediti provenienti dall’Italia e dalla Svizzera, il team di Report ha composto per la prima volta l’elenco completo di questa collezione artistica di famiglia facendo emergere domande riguardo a quanto il Ministero dei Beni Culturali sapesse di questa raccolta d’arte. Secondo Report, sembra che il Ministero fosse a conoscenza di assai poco e che alcune opere sarebbero sfuggite alle autorità di vigilanza culturali e potrebbero trovarsi ora all’estero, forse negli appartamenti svizzeri o americani degli eredi, oppure vendute in aste internazionali o ancora conservate nei porti franchi svizzeri.
Determinante era infatti verificare quali di queste opere fossero state acquistate in Italia o all’estero e transitate nel nostro Paese con licenze di importazione temporanea, in tal caso escluse dalle nostre capacità di tutela e dal nostro dovere di accertare eventuali decurtazioni del patrimonio artistico nazionale.
Quindi l’inchiesta di «Report» non si sofferma soltanto sulla proprietà di queste opere, ma sfrutterà il «caso Agnelli» per chiarire se e come mai il Ministero dei Beni Culturali non ne fosse a conoscenza. Manuele Bonaccorsi ha infatti concluso: «Uno dei nostri obiettivi è che si stimoli un dibattito. La lista delle 636 opere che siamo riusciti a recuperare l’abbiamo consegnata nelle mani di Vittorio Sgarbi e quindi del Ministero che, a nostro avviso, avrebbe il compito di verificare dove si trovino queste opere. […] È compito del Ministero dei Beni Culturali tutelare collezioni composte in gran parte di arte contemporanea? Il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi sostiene di no in nessun caso, secondo cui quindi neppure i de Chirico degli anni ’20 dovrebbero essere tutelati, nonostante il Codice preveda una tutela per le opere di più di 70 anni».
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