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Rania Matar, «Wafa’a and Sana’s Bourj El Barajneh Camp, Beirut», 2017

© Podbielski Contemporary

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Rania Matar, «Wafa’a and Sana’s Bourj El Barajneh Camp, Beirut», 2017

© Podbielski Contemporary

130 gallerie internazionali per i 10 anni di Photo London

Alla Somerset House gli scatti di 500 artisti celebrano il medium fotografico a tutto tondo, dai grandi maestri alle giovani promesse

Francesca Filippini Pinto

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Photo London ritorna, dal 15 al 18 maggio, sotto un sole primaverile a Somerset House per la sua decima edizione, accogliendo più di 130 gallerie internazionali e 500 artisti in una celebrazione della fotografia a tutto tondo, dai grandi maestri come Bill Brandt, Edward Burtynsky, Martin Parr, Sebastião Salgado, ad interessanti voci contemporanee ed emergenti. Nelle parole della nuova direttrice Sophie Parker: «Nonostante siamo una fiera dedicata alla fotografia, i lavori esposti vanno al di là di semplici immagini appese alle pareti per incorporare scultura, pittura, performance... Photo London è una celebrazione della fotografia come oggetto d’arte in tutte le sue forme».

Come negli anni scorsi, il padiglione centrale (ospitato sotto una struttura eretta per l’occasione) raccoglie alcune fra le gallerie di fotografia più note: Flowers Gallery e Purdy Hicks da Londra, Bildhalle da Zurigo, Persons Projects da Berlino e numerose altre. 

Lo stand di Bildhalle presenta squisite stampe storiche del fotografo svizzero René Groebli, appartenenti alla serie «The eye of love», intime immagini scattate nel 1954 durante la luna di miele con sua moglie Rita a Parigi. Il saggio fotografico che ne risultò suscitò scalpore ai tempi ed è uno dei libri di fotografia che hanno più influenzato successive generazioni di artisti. Sempre da Bildhalle, i paesaggi immaginari dell’olandese Joost Vandebrug sono assemblati a partire da decine di immagini diverse stampate su carta giapponese e delicatamente accostate, come tessere di un mosaico dai cromatismi alchemici e delicati.

La galleria londinese Purdy Hicks declina il suo stand al femminile, ospitando sei fotografe accomunate da un’esplorazione del mondo naturale in tutte le sue più inusuali sfaccettature, spesso senza l’uso di apparati fotografici. Anaïs Tondeur riprende in laboratorio piante e fiori di campo colti dalla zona di Chernobyl, sfruttando le radiazioni ancora emesse dalle piante quarant’anni dopo il disastro nucleare per fissare la loro immagine su carta fotosensibile.

Anaïs Tondeur, «Byrsonima lucida. Location: Exclusion Zone, Chernobyl, Ukraine Radiation level: 1.7 Ms/ hour From the series Chernobyl Herbarium», 2011. © Purdy Hicks gallery

Poco più in là, la giovane galleria Homecoming di Amsterdam presenta uno stand dedicato agli artisti Johnny Mae Hauser e Aldo van den Broek (partner nella pratica artistica e nella vita) in un dialogo che riflette l’evolversi delle loro rispettive identità come risultato del vivere e lavorare insieme. Nel centro del padiglione, Ab Anbar, galleria Iraniana recentemente traslocata a Londra, propone un dittico di paesaggi meditativi dell’artista Hessam Samavatian, realizzati anche in questo caso senza l’uso di apparato fotografico ma semplicemente sfruttando le proprietà di emulsioni sensibili alla luce. Fra le gallerie italiane presenti in fiera, spicca Podbielski con uno stand dedicato al dialogo fra culture in Medio Oriente: i lavori della libanese Rania Matar e del palestinese Steve Sabella sono affiancati dai paesaggi dell’israeliano Yuval Yairi e dalle opere delle iraniane Shadi Ghadirian e Shirana Shahbazi.

La fiera occupa inoltre tutti gli spazi al pian terreno dell’imponente palazzo che in passato ospitava gli uffici governativi del Navy Board e dell’Inland Revenue, il seminterrato e il primo piano, in un susseguirsi di stanze occupate da altrettante gallerie. Nell’ala ovest spicca lo stand della galleria Close, dedicata ad artiste che sperimentano con l’intersezione fra fotografia e performance, come Anna Mossman e Trish Morrissey

Hessam Samavatian, «Photographical landscapes #22-13», 2022. © Ab Anbar gallery

Come negli anni passati, la sezione Discovery ospita circa 20 gallerie emergenti, con lavori di artisti spesso appena approdati al mercato. Si distingue per creatività lo spazio di Sarabande, la fondazione voluta da Alexander McQueen che presenta una selezione di lavori interessantissimi di giovani promettenti ospitati nei loro studios a East London. Fra gli artisti della loro scuderia, Almudena Romero presenta fotografie stampate in maniera innovativa utilizzando il processo di fotosintesi delle foglie poi racchiuse in resina vegetale, come fossero sculture.

L’incrocio fra fotografia e scultura è presente anche nelle opere di Lucia Pizzani, artista venezuelana allo stand di Victoria Law Projects: corpi di donna fotografati in vasi di terracotta, collage e sculture in ceramica che parlano della fragilità umana in un contesto ambientale. Sempre nella sezione Discovery, Marisa Bellani di Roman Road presenta il lavoro della giovanissima Polina Piëch, artista russa basata a Londra in procinto di completare il suo master al Royal College of Art, costituito da paesaggi ipnotici che ritraggono l’effetto del vento in natura, catturati con una macchina fotografica analogica. 

Polina Piëch, «Shamanic Whispers», 2024. © Roman Road

Altra novità di quest’anno è la sezione Positions, curata dalla collezionista Maria Sukkar, una piattaforma per artisti non rappresentati da gallerie commerciali, ma sostenuti dal mecenatismo di collezionisti di spicco, in un innovativo connubio di patrocinio culturale. Notevoli i lavori di Adam Rouhana, scattati in Palestina, e di Kalpesh Lathigra.

Infine, i larghi spazi espositivi dal lato del Embankement ospitano l’esibizione «London Lives» (volutamente intitolata, in modo ambiguo, «Londra Vive» o «Vite di Londra»): curata dal critico d’arte Francis Hodgson, la mostra presenta lavori di più di trenta artisti basati a Londra, in un’ode alla varietà culturale e di esperienze che convivono nella metropoli. Lavori storici di David Bailey si mescolano a quelli più recenti di Tom Hunter, Nadav Kander, Idris Khan, Karen Knorr e Hannah Starkey, completati da due nuove commissioni effettuate da Jermaine Francis e Hannah Hughes.

Almudena Romero, «Sculpture IV. The Act of Producing. The Pigment Change», 2025. © Almudena Romero

Lucia Pizzani, «Cuenca 2». © Victoria Law Projects

Francesca Filippini Pinto, 15 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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