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Una veduta di Palazzo Barberini a Roma

Foto tratta da Wikipedia, CC BY 2.0, Jean-Pierre Dalbéra, Parigi

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Una veduta di Palazzo Barberini a Roma

Foto tratta da Wikipedia, CC BY 2.0, Jean-Pierre Dalbéra, Parigi

A Palazzo Barberini i forzieri degli antiquari (seconda parte)

Arte e Collezionismo a Roma • La parola ai mercanti: Maurizio Canesso (Galleria Canesso), Carlo Orsi (Galleria Carlo Orsi), Sonia Farsetti (Galleria d’Arte Frediano Farsetti) e Mirco Cattai (Galleria Mirco Cattai)

Maurizio Canesso

Galleria Canesso

Qual è, secondo lei, lo stato attuale del mercato degli Old Masters? 
Si assiste anche in Italia a una polarizzazione verso gli estremi. I pezzi importanti, i capolavori, seppur lentamente, trovano sempre una collocazione eccellente in collezioni private o pubbliche. Il mercato che ha subito una violenta scossa di terremoto è quello delle opere di valore medio-basso. Rispetto al passato, mancano le fondazioni bancarie che difendevano la pittura del territorio, integrandola nelle proprie collezioni e manca l’affiatamento e la competizione tra collezionisti. Non mancano però gli appassionati e gli studiosi. Quelli ci sono sempre. Anche tra giovani e giovanissimi.  

In generale, come vede il momento attuale dell’antiquariato in Italia? Quali sono le tendenze, gli stili o le epoche più richiesti oggi dai collezionisti?
Non esistono più regole ben definite. Un tempo erano molto diffusi i collezionisti che sceglievano le opere in base a un determinato genere pittorico, un periodo storico o a una specifica area geografica mentre oggi non esistono quasi più. Oggi chi compra Old Masters lo fa soprattutto in base all’oggetto: ciò che conta sono l’originalità, le qualità estetiche, il sentimento che un’opera provoca nel collezionista e il valore che può assumere con lo scorrere degli anni. Non basta più il nome, anzi. Il nome, senza un soggetto intrigante, originalità compositiva e qualità materica, è meno attrattivo rispetto al passato. Il nostro lavoro è esattamente quello. Cercare le opere che sappiano incontrare il gusto del pubblico odierno. Ho venduto lo scorso anno un dipinto di un maestro anonimo al Metropolitan di New York. Il soggetto, un venditore ambulante vestito di stracci, incontrava la tendenza del momento di «dar voce» alle fasce sociali emarginate. La qualità pittorica era eccelsa e il dipinto, di dimensioni imponenti, aveva carattere e presenza scenica. Quel pittore seicentesco, che ancora aspetta di trovare un nome, è entrato nell’Olimpo dell’arte. 

Ritiene che il settore antiquariale necessiti di un rinnovamento? Se sì, quali strategie o idee proporrebbe per renderlo più dinamico e attrattivo, soprattutto verso un pubblico più giovane?
Questa è una domanda difficile, ma anche una splendida sfida! Il rinnovamento è una costante necessaria, intrinseca al nostro lavoro. Per andare in questa direzione, come galleria, abbiamo organizzato recentemente a Parigi una mostra in collaborazione con Galleria Continua: qui abbiamo avuto modo di mettere in rapporto dipinti antichi con opere di Anish Kapoor. È stata un’operazione molto riuscita e questo connubio è risultato stupendo. Un progetto che abbiamo per il prossimo futuro riguarda la tela del Cavalier d’Arpino che esponiamo a Roma in occasione di Arte e Collezionismo. L’opera, grandissima, rappresenta una scena di battaglia in cui i corpi dei soldati e dei cavalli si intrecciano tra loro come in un antico fregio romano, creando una sorta di danza dal sapore metafisico. Per questo abbiamo pensato di coinvolgere una coreografa-ballerina della Scala affinché studi una performance da realizzare davanti all’opera, così da rendere questa tela del Seicento ancor più viva e affascinante. In sintesi, per rispondere alla sua difficile domanda, direi che il mondo dell’antiquariato deve far sì che le opere restino vive e attuali. Bisogna sforzarsi costantemente di trovare il linguaggio giusto per raccontarle, in modo che anche il grande pubblico sia attratto da esse. Requisiti fondamentali rimangono comunque la ricerca e il lavoro svolti dagli storici dell’arte. 

Quali sono, a suo avviso, le principali difficoltà legate alle normative vigenti in materia di commercio antiquario e beni culturali? 
L’Iva al 5%, la più bassa d’Europa, è stato decisamente un notevole successo che darà respiro al mercato dell’arte in Italia. Il passo decisivo sarebbe ora la libera circolazione delle opere a livello europeo, un traguardo che spero possa presto arrivare. Già con l’Unità d’Italia si era passati dalle singole normative regionali a una di livello nazionale: sarebbe ora indispensabile giungere a una legislazione europea unica, valida per tutti gli stati membri.  L’altro passo importante sarebbe quello di poter fare una revisione delle notifiche. Sarebbe indispensabile poter togliere, in alcuni casi, notifiche che non hanno più senso di esistere. E sarebbe pure indispensabile che la notifica di un’opera d’arte arrivi solo se quel bene è veramente di pregnante interesse per il patrimonio nazionale. 

Al di là della fiera Arte e Collezionismo, quali sono i vostri progetti futuri per promuovere l’attività antiquariale, sia in Italia che all’estero?
Il nostro autunno è denso. Oltre ad Arte e Collezionismo, una fiera strutturata in modo classico e, quest’anno, inserita in una cornice davvero splendida, parteciperemo anche a iniziative più attente al dialogo con il mondo contemporaneo, come Panorama Pozzuoli e Flashback Torino. Oltre a queste non possono mancare Tefaf in marzo e il nostro continuo lavoro nelle Gallerie di Parigi e Milano. Nel corso degli anni, a Parigi abbiamo organizzato importanti mostre in collaborazione con alcuni dei più rilevanti musei italiani, come la Galleria Nazionale di Capodimonte a Napoli, i Musei di Strada Nuova a Genova e l’Accademia Carrara a Bergamo. Il nostro compito è stato, e continua a essere, quello di far conoscere in Francia alcuni pittori italiani che, fuori dalla nostra Penisola, sono poco noti. Inoltre, nelle Gallerie di Parigi e Milano organizziamo spesso incontri e conferenze, sia di carattere tecnico che divulgativo.

Carlo Orsi

Galleria Carlo Orsi

Qual è, secondo lei, lo stato attuale del mercato degli Old Masters?
Il mercato degli Old Masters continua a dimostrarsi solido e, in molti casi, sorprendentemente attivo. In particolare, le opere di alta qualità, con provenienze sicure e bibliografia consolidata, mantengono un forte appeal a livello internazionale. Nonostante la percezione di un collezionismo sempre più orientato verso l’arte contemporanea, gli Old Masters conservano un valore che va ben oltre la moda: rappresentano una storicizzazione culturale e materiale che li rende beni di rara profondità. Certo, oggi l’offerta si è ristretta: le grandi opere sono perlopiù custodite in musei o collezioni private difficilmente accessibili. Questo ha reso il mercato più selettivo, ma anche più raffinato: il collezionista odierno è informato, esigente, e cerca l’opera giusta non solo per investimento, ma per affinità culturale e sensibilità estetica.

In generale, come  vede  il momento attuale dell’antiquariato in Italia? Quali sono le tendenze, gli stili o le epoche più richiesti oggi dai collezionisti? 
Il mercato antiquariale italiano sta attraversando una fase di adattamento e trasformazione, in cui convivono tradizione e nuove modalità di fruizione. Accanto ai collezionisti storici, spesso profondamente competenti, si affacciano nuovi acquirenti che cercano oggetti d’arte anche per valorizzare ambienti contemporanei, con particolare attenzione al dettaglio decorativo, alla qualità dei materiali e al dialogo tra epoche diverse. Le epoche più richieste restano il Seicento e il Settecento, per la loro forza narrativa, la teatralità e la ricchezza stilistica. Si registra inoltre un crescente interesse per il gusto neoclassico, anche grazie alla sua compatibilità estetica con l’interior design attuale. Alcuni segmenti, come la miniatura, o gli oggetti d’arte raffinati, attraggono collezionisti molto specializzati.

Ritiene che il settore antiquariale necessiti di un rinnovamento? Se sì, quali strategie o idee proporrebbe per renderlo più dinamico e attrattivo, soprattutto verso un pubblico più giovane?
Sì, credo che un rinnovamento sia non solo auspicabile, ma necessario. L’arte antica ha tutte le carte in regola per parlare anche ai giovani, ma dobbiamo trovare nuovi codici comunicativi, senza snaturarne il contenuto. Una narrazione efficace, che sappia raccontare le opere, i contesti, le storie personali dietro ogni oggetto, è fondamentale. Servono strumenti digitali intuitivi, mostre tematiche immersive, progetti con scuole e università e una maggiore sinergia con le istituzioni museali. Anche le fiere devono evolversi, proponendo esperienze coinvolgenti, contenuti editoriali curati e dialoghi con altre discipline. L’arte antica non va percepita come «passato», ma come bellezza senza tempo, in grado di generare emozione, conoscenza e ispirazione.

Quali sono, a suo avviso, le principali difficoltà legate alle normative vigenti in materia di commercio antiquario e beni culturali?
Il quadro normativo italiano, pur nato con l’intento di tutelare un patrimonio di valore inestimabile, risulta spesso complesso, frammentario e non sempre aggiornato alle reali esigenze operative. I tempi lunghi per ottenere licenze di esportazione, le incertezze interpretative e la rigidità del sistema scoraggiano non solo gli operatori, ma anche collezionisti stranieri interessati ad acquistare in Italia. Detto questo, va riconosciuto un recente segnale positivo: la riduzione dell’Iva al 5% per il mercato dell’arte è un passo importante, atteso da anni, che ci consente di essere finalmente più competitivi a livello internazionale. È una dimostrazione che il dialogo tra istituzioni e categoria, se ben condotto, può portare a risultati concreti. Auspichiamo che questa sia la prima di una serie di misure pensate per valorizzare, e non frenare, il ruolo culturale ed economico del nostro settore.

Al di là della fiera Arte e Collezionismo, quali sono i vostri progetti futuri per promuovere l’attività antiquariale, sia in Italia che all’estero?
La nostra visione è quella di coniugare tradizione e apertura, offrendo un’antiquaria autorevole, ma al passo con i tempi. Partecipiamo con regolarità a fiere internazionali di riferimento, come Tefaf Maastricht o la Biennale dell’Antiquariato di Firenze, e collaboriamo con musei, fondazioni e studiosi per esposizioni, pubblicazioni e prestiti. Crediamo molto anche nella valorizzazione editoriale: raccontare l’opera con rigore critico ma attraverso un linguaggio chiaro e accessibile è per noi un impegno costante. Allo stesso modo, siamo sempre alla ricerca di nuove modalità di presentazione delle opere, sia in galleria sia online, con l’obiettivo di coinvolgere pubblici differenti e consolidare l’idea che l’arte antica sia uno strumento vivo, dialogico, pienamente attuale.

Sonia Farsetti

Galleria d’Arte Frediano Farsetti

Qual è, secondo lei, lo stato attuale del mercato dell’arte moderna? 
L’arte moderna continua a rimanere uno dei punti di forza del mercato italiano. Nonostante i fisiologici cambiamenti del gusto e degli orientamenti dei collezionisti, che nei decenni scorsi hanno portato a una relativa messa in ombra dei maestri figurativi in favore dei protagonisti dell’astrazione e delle avanguardie della seconda metà del secolo, negli ultimi anni abbiamo assistito a una significativa rivalutazione dell’arte del primo Novecento, da sempre rappresentata dalla nostra galleria, che non ha mai smesso di proporla e valorizzarla. 

In generale, come vede il momento attuale dell’arte moderna in Italia? Quali sono le tendenze, gli stili o le correnti più richiesti oggi dai collezionisti?
I grandi nomi come Giorgio Morandi, Giorgio de Chirico e Lucio Fontana rimangono tra gli autori più richiesti a livello internazionale, e le loro quotazioni hanno raggiunto un certo livello di stabilità. Lo stesso vale per le opere dell’avanguardia futurista. Ciononostante i collezionisti stanno mostrando un interesse sempre maggiore anche per maestri meno conosciuti e al di fuori delle tendenze più in voga, a patto che le opere proposte siano di qualità e che le gallerie sappiano valorizzare anche questi aspetti meno noti dell’arte italiana, universo molto ricco e dalle innumerevoli sfaccettature. 

Ritiene che il settore necessiti di un rinnovamento? Se sì, quali strategie o idee proporrebbe per renderlo più dinamico e attrattivo, soprattutto verso un pubblico più giovane?
Sicuramente la predominanza che nel mondo della comunicazione hanno conquistato i social network ha favorito un rinnovamento del linguaggio anche per il nostro settore, che si è visto costretto ad abbandonare certi accademismi in favore di terminologie e strategie comunicative più dinamiche e dirette. Accanto a questi necessari aggiornamenti, ritengo ancora fondamentale proporre opere e rassegne che mantengano alto il valore curatoriale e culturale in modo da accompagnare il collezionista in una scelta sempre consapevole e non approssimativa. 

Quali sono, a suo avviso, le principali difficoltà legate alle normative vigenti in materia di commercio di beni artistici? 
L’obiettivo che ci prefiggiamo in materia di esportazione di opere d’arte, da sempre fattore penalizzante per il mercato italiano, è l’adeguamento delle soglie di valore della UE, che sarebbe decisivo per permettere al mercato italiano di gareggiare a armi pari con gli altri player europei. Già un punto fondamentale è stato raggiunto con la riduzione dell’Iva al 5%, che adesso è la più bassa d’Europa; se a questo importante risultato si affiancasse una circolazione allineata ai nostri competitor, l’Italia potrebbe veramente diventare un polo di attrazione per gli scambi delle opere d’arte, con ripercussioni virtuose su tutta l’industria culturale.

Al di là della fiera Arte e Collezionismo, quali sono i vostri progetti futuri per promuovere la vostra attività, sia in Italia che all’estero?
La nostra galleria partecipa da sempre alle principali fiere nazionali, occasioni ormai fondamentali per gli incontri e gli scambi con i collezionisti e gli operatori del settore. In settembre, oltre ad Arte e Collezionismo, saremo presenti a Panorama Pozzuoli. Stiamo inoltre progettando per la stagione che verrà importanti mostre in galleria, sia dedicate ai grandi nomi dell’arte moderna sia ad artisti contemporanei e maestri della fotografia, in linea con il percorso che ci caratterizza sin dall’inizio della nostra attività. 

Mirco Cattai

Galleria Mirco Cattai

Qual è, secondo lei, lo stato attuale del mercato degli antichi tappeti orientali?
L’interesse per il tappeto risale a tempi molto remoti. Nel 1500 rappresentava una grande rarità e un tema di vanto per poche famiglie nobili e il clero; basti guardare il famoso dipinto di Vittore Carpaccio custodito nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, «Incontro dei fidanzati e partenza per il pellegrinaggio», del 1495, per capire una vera testimonianza di quanto fossero importanti fin da allora. Ancor oggi il tappeto orientale impreziosisce e arreda le nostre case rendendole più eleganti. Ho aperto la mia galleria nel 1993 e in quegli anni il mercato era molto florido e vivace in Italia e nel mondo. Avevo molti concorrenti già molto affermati, molti persiani e figli d’arte con enormi magazzini alle spalle, la concorrenza era spietata ma c’era spazio per tutti (solo Milano contava più di 40 attività). Io raccoglievo i tappeti soprattutto negli Stati Uniti, in modo da non avere ulteriori passaggi e avere la prima scelta. Scelta in base alla mia propensione: tutti i manufatti nella mia galleria rispecchiano il mio gusto, una selezione fatta a monte, con una sensibilità italiana che è diversa dal gusto persiano; questo mi ha permesso di distinguermi. Oggi siamo rimaste poche gallerie, tre, quattro su tutta Milano, e vendere non è facile perché il mercato si è ristretto molto, manca la classe media. Il cliente poi è molto più esigente e cerca dei tappeti rari e in buone condizioni.

In generale, come vede il momento attuale di questo comparto in Italia? Quali sono le epoche e gli stili decorativi più richiesti oggi dai collezionisti di tappeti orientali?
Le tipologie alle quali mi sono sempre dedicato e che sono tutt’ora attuali per il mercato sono i tappeti caucasici, Kazak, Gandjeh Gharabagh. Tra i persiani i tappeti Bakshaiesh e Serapi, tappeti realizzati nell’altopiano nordoccidentale della Persia e gli anatolici. Gli anatolici sono molto più pregiati di quelli persiani o caucasici e possono raggiungere quotazioni milionarie. Da ricercare Ushak e Ushak Lotto, Tintoretto e Holbein, dai nomi dei pittori che inclusero nei loro capolavori immagini di questi manufatti (veri e propri status symbol dell’alta società del passato). Questi tappeti sono bellissimi e merce di scambio universale, uno dei grandi vantaggi di questo ramo del collezionismo. I tappeti anatolici del Cinquecento e Seicento sono una nicchia specifica di pochi compratori, ma generalizzata a livello mondiale. Gli antichi Holbein, dalle caratteristiche decorazioni ottagonali, e i Tintoretto si avvicinano a quotazioni molto alte a volte anche superiori al milione di euro. Segno evidente di questo grande interesse per i tappeti sono i musei: negli ultimi cinque anni ne sono nati tre molto importanti nel mondo: a Brescia il Mita, in Qatar la Collezione Al Thani di Doha, a Izmir, in Turchia, la Collezione Arkas.

Ritiene che il settore necessiti di un rinnovamento? Se sì, quali strategie o idee proporrebbe per renderlo più dinamico e attrattivo, soprattutto verso un pubblico più giovane?
Sono sempre stato contento delle varie crisi del mio settore, hanno fatto pulizia di mercanti improvvisati che hanno abusato della passione degli italiani. Per questo motivo è difficile scovare un tappeto importante nel nostro Paese. I mercati principali sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Germania. I mercanti dovrebbero essere più competenti e professionali, in modo da poter riacquistare la fiducia dei clienti, con una proposta più attuale per il mercato di oggi. I giovani comprano prevalentemente tappeti caucasici che sono quelli che si adattano maggiormente alle case odierne.

Quali sono, a suo avviso, le principali difficoltà legate alle normative vigenti in materia di commercio di beni artistici?
Ho sempre creduto molto nel mercato italiano, senza bisogno di andare all’estero, anche se il tappeto è l’oggetto più internazionale che esiste. Ho curato bene la mia clientela e questo mi permette di avere una buona continuità di lavoro. Ho fatto in passato delle mostre in Inghilterra, a Londra, ma poi diventava difficile seguire bene il cliente. Quest’anno ho organizzato un’importante mostra culturale al Castello di Agliè e in un mese abbiamo avuto 20mila visitatori, un grande successo in questo territorio ricco del Piemonte dove c’è poca offerta. Una mia ambizione è fare altre mostre istituzionali in giro per l’Italia in modo da divulgare la conoscenza di questo affascinante mondo.

Al di là della fiera Arte e Collezionismo, quali sono i vostri progetti futuri per promuovere la vostra attività, sia in Italia che all’estero?
A novembre parteciperò ad Amart, in cui credo molto, grande manifestazione dedicata all’antiquariato nel cuore di Milano, a Palazzo della Permanente. «L’antiquariato è un piacere contemporaneo» è il credo di questa grande fiera a cura dell’Associazione Antiquari Milanesi diretta da Michele Subert. Poi saremo a Modenantiquaria che si terrà a febbraio 2026, fiera storica che non delude mai, curata da Pietro Cantore. In queste occasioni creerò stand in cui esporrò e cercherò di fare conoscere tappeti molto rari che possono accrescere l’interesse della clientela e degli appassionati.

Nicoletta Biglietti, Jenny Dogliani e Davide Landoni, 16 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

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