Gloria Gatti
Leggi i suoi articoliAmadeus, forse nel tentativo di emulare quel Festival dell’85 dove migliaia di ragazzine urlavano e svenivano davanti ai Duran Duran, avrà come super ospiti quest’anno, oltre alla Ferragni e, forse, a Zelensky, anche Pieter Paul Rubens (mah…) con un suo autoritratto appeso nel foyer del Teatro Ariston.
Io, invece, che ora come allora sto a casa, ho sorriso davanti al «tempismo» dei giudici della Corte di Cassazione che proprio in questi giorni si sono pronunciati su una dimenticata scenografia digitale del Festival della Canzone italiana del 2016, qualificandola come opera d’arte in una causa promossa da un architetto che ne era l’ideatore contro la Rai, esaudendo anni dopo il desiderio di «quel popolo (del digitale, Ndr) che spera in un miracolo» di cui proprio quell’anno cantava Gabbani.
Per la Cassazione (n. 1107/2023), infatti, la scenografia digitale che rappresenta in mutazione una composizione floreale, creata tramite un programma di elaborazione digitale, è arte e opera protetta dal diritti d’autore, proprio come quelle che Edgar Degas realizzava per l’Opéra di Parigi.
La Corte ha chiarito che l’impiego di un programma di software per la creazione di un’opera non esclude di per sé la protezione da parte del diritto d’autore dell’output, cioè la forma espressiva dell’idea, seppur è necessario valutare con rigore l’utilizzo del software e che la sua «autonomia» abbia assorbito la creatività dell’autore, come a sottintendere che le opere create dall’intelligenza artificiale (Ai) non sono arte.
Il mio Nft, insomma, parrebbe salvo, mentre, ci vorrà ancora un po’ perché pure nei Tribunali si riconosca che anche l’Ai, al pari della macchina fotografica, del pennello o dello scalpello, è un mezzo attraverso cui il processo creativo umano si realizza.
Del resto, Nanni Balestrini nel 1961 tramite il calcolatore elettronico Ibm 7070 aveva composto l’opera Tape Mark I, ossia una «poesia combinatoria», pubblicata nell’Almanacco Letterario Bompiani 1962, da considerarsi di fatto, e nonostante tutto, la prima opera di una Ai. L’elaboratore infatti aveva prodotto centinaia di potenziali «poesie» e tra quelle Balestrini aveva scelto le sei che gli piacevano di più, facendole una sua opera e arte.
Detto questo, possiamo iniziare a cantare sul divano davanti alla Tv.
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