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Arno Rafael Minkkinen, «Maroon Bells, Colorado, 2013»

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Arno Rafael Minkkinen, «Maroon Bells, Colorado, 2013»

Ad Arno Rafael Minkkinen, accademico del body-selfie, il Photography Award William Klein

Durante Paris Photo è stato conferito al fotografo il premio alla carriera della quarta edizione del riconoscimento creato nel 2019 dall’Académie des Beaux Arts parigina

Valerio Tazzetti

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Dalle rive della Senna, nei giorni di Paris Photo, giunge una gradita e dirompente notizia: 55 ininterrotti anni di autoritratti nudo, nelle più svariate posture e ambientazioni, valgono ad Arno Rafael Minkkinen, uno dei fondatori e mentori della Helsinki School, il premio alla carriera della quarta edizione del Photography Award William Klein, creato nel 2019 dall’Académie des Beaux Arts parigina col supporto del Chengdu Contemporary Image Museum (Cina).

L’importante riconoscimento è stato conferito il 14 novembre nelle prestigiose sale del Palais de l’Institut de France al maestro finlandese, naturalizzato americano, già professore emerito all’Università del Massachussetts Lowell e all’Mit di Boston, nonché all’Universita’Art&Design di Helsinki.

Già insignito nel 2013 del Lucie Award for Fine Arts alla Carnegie Hall, Minkkinen dopo essersi trasferito al seguito della sua famiglia dalla Finlandia a Brooklyn e dopo aver terminato i suoi studi in filosofia e letteratura, inizia la sua carriera professionale come copywriter a New York e nel 1971, per una campagna Minolta, scrive un headline che lo convince a dedicarsi alla fotografia e che diventerà il mantra della sua ricerca: «What happens inside your mind, can happen inside a camera» («quello che succede nella tua testa, può succedere in una macchina fotografica»). Incoraggiato da John Benson e accettato al graduate program della Rhode Island School of Design, sarà allievo di Harry Callahan, ottenendo il suo Master of Fine Arts nel 1974 e iniziando la sua carriera di professore in Finlandia, parallelamente alla sua ricerca artistica.

Pioniere dell’invenzione visiva e votato alla ricerca sul proprio corpo in rapporto a forma e spazio, Minkkinen sintetizza le tappe di una personale storia del nudo attraverso codici di narrazione opposti alle consuete modalità della fotografia di tale genere: l’ossessivo e solitario auto-ritrarsi nel nordico paesaggio lacustre e successivamente in altre ambientazioni naturalistiche e urbane, attraverso le infinite scale di grigi e i raffinati toni del bianconero. 

L’autore persegue l’incantesimo che sovente si avvera nella pratica più nobile della fotografia di nudo: quella dell’istante, irripetibile e incantevole, in cui una postura del corpo si rivela armoniosamente all’obiettivo, il magico momento in cui la forma corporea, immersa o riflessa, si disegna fuggevole dinanzi a un paesaggio o si staglia sinuosa sull’acqua.

Minkkinen nei suoi sofferti autoscatti cerca di esprimere quale tipo di relazione intima e silenziosa esista tra noi e la natura, tra le nostre paure e il desiderio di entrare in comunione con il pianeta che abitiamo: la sua è una scrittura del corpo sull’ambiente dove mani, piedi, schiena, gambe diventano elementi del paesaggio ancestrale, segni di un alfabeto fisico impressi su un mondo sovente dominato dal liquido elemento.

Con grande leggerezza e ironico virtuosismo, la figura del finlandese, in continua metamorfosi, diventa misura di un universo fatto di alberi, radici, sassi, fiumi, laghi, montagne fino ad integrarsi nella materia stessa di quei luoghi: a volte, un impressionante e surreale mimetismo trasforma la sua schiena in roccia emergente dall’acqua o le sue braccia in rami secchi della foresta. Altre volte, il suo corpo e le sua gambe sembrano miracolosamente giacere o muoversi sulla superficie di un lago senza affondare. «La nudità della nostra pelle, simile a quella delle rocce e degli alberi, ci trasforma in esseri senza età, calati in una natura fuori dal tempo», sottolinea Minkkinen.

Quel che lascia stupefatti della sua magistrale tecnica fotografica è che non esiste altro che non sia l’istante dell’autoscatto e la posizione del corpo nello spazio. Quando si spoglia velocemente, dal basso verso l’alto, per il suo solitario rituale, senza alcun assistente, dopo aver posizionato la macchina sul cavalletto, l’artista non è completamente in grado di prevedere la riuscita finale dell’immagine. «Quando fotografi un’altra persona la vedi nel mirino, puoi scegliere il taglio, la posa, la luce, l’attimo, prima di scattare. Quando sei tu il modello di te stesso, puoi solo cercare di prevedere tutte queste variabili, senza mai essere completamente sicuro che ciò che hai immaginato si realizzi. Guardi nel mirino e vedi solo quello che c’è, lo sfondo, non l’immagine che si formerà e che potrà darti la gioia di una nuova scoperta solo successivamente… È proprio questo ad affascinarmi!», spiega l’autore.

Per il nostro body-performer, la fotografia rivela dunque l’invisibile e ci invita a guardare il mondo con occhi nuovi, di bambino innocente, senza condizionamenti e pregiudizi, coinvolgendoci in un rito di purificazione in cui corpo e mente dell’artista, proiettandosi sul mondo circostante, prendono finalmente coscienza di sé stessi.

Nelle straordinarie costruzioni visive a cavallo fra realtà e finzione che realizza, non esiste alcuna forma di manipolazione analogica o digitale; solo la capacità di reinventare ogni volta in nuove sorprendenti composizioni grafiche la propria performance fisica e la propria fervida immaginazione. Semplicemente, splendide opere fotografiche in b/n che attraverso una tecnica peculiare trasmettono un messaggio molto diretto: tra il corpo della natura e il corpo umano esiste una corrispondenza silenziosa e profonda. 

Arno Rafael Minkkinen, «Isola di Väisälä, Finland, 1998»

Valerio Tazzetti, 27 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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