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Artisti e artistoidi

Lucio Pozzi

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La pittura viene ciclicamente dichiarata morta

La veterana critica del New York Times, Robert Smith, fa notare che dei 17 artisti (Richard Aldrich, Joe Bradley, Kerstin Brätsch, Matt Connors, Michaela Eichwald, Nicole Eisenman, Mark Grotjahn, Charline von Heyl, Rashid Johnson, Julie Mehretu, Dianna Molzan, Oscar Murillo, Laura Owens, Amy Sillman, Josh Smith, Mary Weatherford, and Michael Williams) della mostra «The Forever Now» al MoMA fino al 5 aprile, nove sono donne e si compiace dell’eccezionalità del fenomeno. Nota anche però che quasi tutti gli artisti più avanti in età sono donne mentre tutti i giovani sono uomini. Le donne sono state pioniere della persistente fiducia nella pittura applicata a mano su superfici oppure sono gli uomini coloro che hanno l’impeto commerciale di trascinare un riciclo del mercato?

Nicole Eisenman, «Guy Racer», 2011. Courtesy Susanne Vielmetter Los Angeles Projects. Photo: Robert Wedemeyer

Qualcuno dichiara morta la pittura con cicli simili a quelli della finanza, ogni otto anni circa. Ma se il mercato può far pensare al pubblico che la pittura è un’araba fenice che rinasce sempre dalle proprie ceneri, in verità essa semplicemente persiste nella pratica di moltissime persone. La moda le proietta sopra il suo faro ogni tanto e ogni tanto la mette in ombra. C’è un problema: ogni volta che viene il suo turno, sulla pittura si gettano un mucchio di artisti e artistoidi che nella loro vanagloria inevitabilmente riconfermano i pregiudizi che sostenevano coloro che l’avevano dichiarata morta.

Con questa mostra al MoMA, nata nel bel mezzo della cultura digitale, ricomincia il circo. Ha molti connotati positivi. Se ci si chiede quali criteri possa aver seguito la curatrice Laura Hoptman, duranti i molti anni di preparazione, merita un plauso per essersi fatta guidare dal suo gusto soggettivo, senza alcuna pretesa di aver identificato una tendenza o un movimento epocale. Sono convinto che l’accettazione della soggettività critica sia una delle conquiste del nuovo secolo. Avrebbe potuto combinare altrettante collettive di uguale valenza mettendo assieme altri raggruppamenti di artisti. Sia gli esclusi, sia quelli qui ora consacrati hanno, chi più chi meno, tutti una rappresentanza commerciale ad alto livello. Alcuni sono le star del momento. Questo potrebbe condurre all’accusa che la vera certificazione del loro valore viene dal dollaro e non dall’intrinseco.

Così come la curatrice ha avuto il coraggio di essere se stessa, altrettanto gli artisti hanno il coraggio di non sbattersi più in una frenetica gara verso la novità apparente. Non hanno timore di rimescolare nella propria pratica tutto quello che piace loro aver ereditato e non puoi ingabbiarli in una formula perché cambiano in modo imprevedibile. «Forever Now» è la definizione della nostra cultura data nel 2003 dal fantascrittore William Gibson. Ma qui vedo talvolta passione, spesso freddo calcolo. Anch’io ora esprimo un giudizio soggettivo: per me tre sono più ispirati. Per loro la pittura è croce e delizia. Nicole Eisenman (l’unica che offre immagini ovvie di figure) si regala l’occasione per dipingere illustrando con colori piacevoli delle grandi maschere stilizzate che ricordano Paul Klee e Victor Brauner; Mark Grotjahn continua le campiture sfaccettate di Joseph Stella, Jean Paul Riopelle e, mi dicono, Lucio Pozzi; Amy Sillman prende l’accademia del processo pittorico e la rovescia. Poi ci sono gli altri: Jo Bradley si accontenta di farci sbadigliare con disegnoni pseudo infantili, ancora! Matt Connors appoggia tele monocrome al muro come John McCracken; il giovanissimo Oscar Murillo scopre che si possono colorare tele stropicciate sbattute sul pavimento; poi le croste, il neon, le tissure calligrafiche, tutto il supermercato dei prodotti correnti.

Lucio Pozzi, 02 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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