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Astratto, figurativo o Diebenkorn?

Jonathan Griffin

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Richard Diebenkorn «non era allineato ai suoi contemporanei, spiega Sarah Bancroft, curatrice di una retrospettiva del pittore americano allestita dal 14 marzo al 7 giugno alla Royal Academy of Arts. Era sempre un passo avanti o un passo indietro, a seconda di come lo si considera».
L’istituzione londinese ha contattato la Bancroft mentre si stava occupando di una rassegna delle opere più famose dell’artista (1922-93), la serie «Ocean Park», dipinta nella California del Sud tra il 1967 e il 1988, che nel 2011-12 ha fatto tappa in tre istituzioni statunitensi. Invece di riprodurre questa mostra a Londra, prima rassegna dedicata al pittore in Inghilterra da quella della Whitechapel nel 1991 e una delle sue rarissime presentazioni in Europa, la curatrice ha optato per un focus su più di cinquanta opere. La mostra si apre così sulle prime astrazioni di Diebenkorn, realizzate nei primi anni Cinquanta mentre era studente all’Università del Nuovo Messico ad Albuquerque. Che lavorasse nel Nuovo Messico, in Illinois o in California, i suoi quadri astratti erano sempre permeati dai paesaggi in cui viveva. Poi, nel 1954, quando Diebenkorn era già uno dei più famosi espressionisti astratti della West Coast, si avvicinò alla pittura figurativa e divenne uno dei fondatori del Bay Area Figurative Movement. Quando, nel 1966, si trasferì a Santa Monica, vi aprì uno studio nel quartiere di Ocean Park, vicino alla spiaggia. In città a quell’epoca Ed Ruscha stava fotografando tutti gli edifici del Sunset Strip, mentre Larry Bell creava cubi di specchi. I quadri astratti di grandi dimensioni realizzati da Diebenkorn nei successivi vent’anni, decisamente «non paesaggi» insisteva lo stesso artista, inquadravano il paesaggio urbano in luminose griglie di pannelli colorati. «Non importa se l’opera sia figurativa o astratta, spiega la Bancroft, il dna è sempre lo stesso».








Jonathan Griffin, 03 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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