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Bella. Bella. Bellissima!

Vittorio Sgarbi

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Bella. Bella. Bellissima. Voglio dirlo con vittoriosa soddisfazione dopo aver visto, l’ultimo giorno di apertura, la mostra «Barocco a Roma» a Palazzo Cipolla, museo della Fondazione Roma, a cura di Maria Grazia Bernardini e Marco Bussagli (cfr. n. 351, mar. ’15, p. 25).

Deviato dalle inutili polemiche sul prestito del ritratto di Scipione Borghese di Gian Lorenzo Bernini e dalla sistematica «disinformatia» di sedicenti studiosi del grande scultore, rischiavo di perderla come se non si potesse aggiungere al tema più di quello che già Roma, nelle chiese e nei musei, offre. E certo. Ma la forza e la novità, oggi come allora, nella prima, indimenticabile sala, sono nell’accostamento di capolavori sublimi, e pertinenti come manifesti, di Annibale Carracci, di Rubens, di Guido Reni, di Agostino Ciampelli, di Domenichino, di Lanfranco, di Simon Vouet, di Guercino, di Claude Vignon, di Caroselli, di Pietro da Cortona, uno vicino all’altro, come mai prima era stato, mentre, proprio dietro l’angolo, ci aspettava, compiaciuto del mondo che aveva generato, Scipione Borghese. Ed era giusto incontrarlo lì.

La mostra ci riservava altre sorprese. Dalla vivente Costanza Bonarelli di Bernini alle insaziabili Speranza e Bellezza che seviziano il tempo di Simon Vouet, al mistico Andrea Corsini di Guido Reni, al grande bozzetto per il soffitto del Gesù del Baciccio, in un difficile equilibrio tra sintesi e dovizia di esempi, il Barocco appariva il paradigma della meraviglia, della vita, della festa. Rinnovate nella mostra parallela in Palazzo Chigi di Ariccia, con le collezioni donate grazie alla lungimiranza di Francesco Petrucci.

Ma in Palazzo Cipolla andavano in scena, utilmente, la nuova identità urbana e l’ideale classico del paesaggio, le sante in estasi di Bernini e i paesaggi luminosi di Poussin e di Salvator Rosa, i mobili e gli strumenti musicali. E, commovente come la visione di un terso cielo notturno, la riapparizione, dallo sconvolto Museo Kircheriano, dello «Sciatericon», la tavola di ardesia di Athanasius Kircher, il gesuita che diede ragione dell’obelisco sulla Fontana dei fiumi di piazza Navona, artificio borgesiano di una storia senza tempo. Si tratta di una scientifica analisi dei fusi orari, di sorprendente attualità e sofisticata fantasia. Una reliquia riemersa anche per chi, nella sua cecità, non ha voluto vederla. 

Vittorio Sgarbi, 16 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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