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CUBO, museo d’impresa del Gruppo Unipol, Milano

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CUBO, museo d’impresa del Gruppo Unipol, Milano

CUBO alla terza

Nella nuova sede (milanese) del museo d’impresa del Gruppo Unipol, si rafforza l’asset culturale della collezione corporate fondata a Bologna e si inaugura la prima mostra meneghina con opere di Beverly Pepper, Quayola, Larry Rivers, Stefano Ronci e fuse*

Michela Moro

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I nuovi grattacieli che svettano a Milano spesso riportano in cima il nome della compagnia proprietaria, e se si possono ammirare esternamente in tutta la loro sfida contemporanea, l’accessibilità è un’altra cosa. Un’occasione unica la offre adesso Unipol Tower, quartier generale milanese del Gruppo Unipol, nel grattacielo progettato da Mario Cucinella e inaugurato nel 2023 in piazza Gae Aulenti. Al piano terra dell’edificio è stato da poco inaugurato Cubo, museo d’impresa del Gruppo Unipol, con un progetto permanente intitolato «Sliding», che vedrà avvicendarsi una scelta di opere appartenenti alla collezione del gruppo. È un patrimonio cresciuto nel tempo, nato dalla volontà di presidenti e amministratori delegati del gruppo che acquisivano opere di rappresentanza per gli uffici di direzione, per le grandi sale riunioni delle varie sedi, quindi risultato non pianificato di diverse vicende collezionistiche e frutto di processi di fusione con altre compagnie assicurative come Sai, Fondiaria, Milano Assicurazioni, che contiene opere importanti e attraversa più di un secolo di arte italiana.

CUBO, museo d’impresa del Gruppo Unipol, Milano, installation view

CUBO, museo d’impresa del Gruppo Unipol, Milano, installation view

«Il patrimonio nasce già con opere comunque importanti - racconta Angela Memola, Responsabile Arte e Patrimonio Artistico del gruppo - Tra queste c’è una famosissima opera prefuturista di Umberto Boccioni del 1907, “Ritratto di scultore (Valerio Brocchi)”, che è continuamente oggetto di prestito e attualmente esposta alla mostra sul Futurismo a Roma. E poi Lucio Fontana, Alberto Burri, Alberto Savinio, Mario Sironi, Ennio Morlotti, Franco Angeli, Paolo Icaro, Mimmo Paladino, alternate a opere di artisti stranieri come Marc Chagall, Georges Braque, Maria Helena Vieira da Silva, artista importante che in Italia dobbiamo ancora riscoprire, Henry Moore e Graham Sutherland fino alle acquisizioni più recenti, siamo tra le 150 e le 200 opere». L’atrio d’ingresso all’esposizione di CUBO, già operativo a Bologna dal 2013 con due sedi, permette di ammirarne prima di tutto l’eleganza e la vertiginosa altezza che corre per i ventitré piani della struttura, progettata massimizzando l’efficienza energetica secondo i più innovativi criteri d’impatto ambientale. Per questa apertura milanese sono state scelte cinque opere rappresentative della collezione, con un excursus che va dagli anni Sessanta a oggi: Beverly Pepper, Quayola, Larry Rivers, Stefano Ronci e fuse*. Il titolo «Sliding» è mutuato dalla Biennale di Venezia del 1993, curata da Achille Bonito Oliva, e a cui partecipava nella sezione Slittamenti, ovvero Sliding, proprio Larry Rivers, che qui campeggia con il museale «Features of Italy» (1961) testimonianza dello spirito innovativo dell’artista statunitense. La scultura di Beverly Pepper «Virgo, rectangle twist» (1967) si innalza come un totem monumentale in acciaio specchiato, creando quel dialogo profondo tra scultura e osservatore che è alla base della poetica della Pepper. «Bonito Oliva si preoccupava di definire i punti cardinali dell’arte per dire che non c’era un solo media che potesse raccontare lo stato dell’arte di allora, oggi a maggior ragione i linguaggi si contaminano, e quindi opere come slittamenti», dice Memola. Questi masterpiece sono in dialogo con tre opere multimediali praticamente nuove: Quayola, media artist molto affermato, espone «PP_T011.A12» (2016), in cui l’artista partendo dalle fotografie dei paesaggi che hanno ispirato gli Impressionisti trae una mappatura 3D come se un’improvvisa glaciazione avesse congelato i soggetti durante la mutazione da oggetto reale a raffigurazione astratta.  Stefano Ronci, nell’opera «DiecialCUBO» (2022) con materiali specchianti suggerisce l’intento di voler stabilire una relazione diretta con il fruitore. «Unseen Flora» (2023) del gruppo artistico italiano fuse* è un'installazione audio e video, prospettiva inedita e multicolore sul mondo di piante, funghi e coralli dove l’introduzione dell’intelligenza artificiale e dei sistemi di generazione di immagini hanno reso i confini tra reale e virtuale sempre più labili.

Beverly Pepper (Brooklyn, 1922 – Todi, 2020), Virgo, scultura in acciaio a specchio stainless still sculpture, 1967

fuse (Campogalliano, 2007) Artificial Botany - Unseen Flora (2023) Intallazione audio-video audio-video installation, Cubo-Milano

 Aver attivato il museo d’impresa Cubo ha quindi delineato un nuovo approccio alla collezione, perché, conclude Memola, «anziché seguire un percorso collezionistico ragionato e mai visto come asset economico, è diventato un importantissimo asset culturale; la collezione si sta arricchendo, perché Cubo sta realizzando progetti espositivi e mostre, e il nostro impegno è acquisire un’opera per ogni progetto, da inserire nel patrimonio. Quindi questa operazione non dipende più dal gusto di un amministratore illuminato, ma dalla progettualità di Cubo, appunto. Cubo ha come payoff “condividere cultura” perché il museo di impresa si occupa di distribuire gratuitamente cultura alle proprie comunità di riferimento, fino ad ora a Bologna ma adesso a Milano, e nelle le varie città delle sedi di Unipol, perché crede nella crescita e nella redistribuzione un patrimonio immateriale com’è il patrimonio della cultura. Oggi il museo d’impresa riesce davvero a collegare la società reale e i suoi bisogni culturali».

Michela Moro, 28 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

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CUBO alla terza | Michela Moro

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