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Dinar in tasca

Margherita Criscuolo

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In Iraq, nella provincia centrale di Babel, un uomo è stato arrestato per traffico illegale di monete d’oro di epoca sasanide, risalenti alla dinastia iranica che regnò in Persia tra il 226 e il 641 d.C. L’uomo è stato fermato e perquisito presso un check-point. Le monete, di grande valore storico a detta degli esperti del Museo nazionale iracheno, erano nascoste in un taschino.

Gabriele Tonello esperto numismatico di Bolaffi, spiega che «se argento e rame ebbero una larghissima diffusione, le dracme in oro («dinar») vennero invece utilizzate esclusivamente per i commerci con i Paesi stranieri e risultano oggi molto rare».

L’uomo arrestato ha confessato di averle acquistate da un antiquario di Baghdad (a sua volta denunciato e ricercato) e che intendeva rivenderle sul mercato nero. Dall’avvento dell’autoproclamato Stato islamico, nel giugno 2014, è proliferato il commercio illegale di reperti archeologici trafugati nei siti occupati dai jihadisti. Si tratta di una delle principali fonti di finanziamento dell’Isis, tanto che l’Unesco ha istituito una task force per contrastare il fenomeno.

Irina Bokova, direttore generale dell’organizzazione, ha parlato di autentico «saccheggio su scala industriale» perpetrato con migliaia di scavi illegali. In un’audizione congiunta al Parlamento europeo a metà settembre con la presidente della commissione Cultura Silvia Costa, è stata inoltre annunciata l’emanazione di una direttiva europea per bloccare l’importazione di reperti trafugati, da cui il Califfato trae finanziamenti.

Margherita Criscuolo, 11 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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