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Richard Stapleford
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Al Metropolitan 200 opere eccezionali
Il sogno infranto di un’armonia tra le tre grandi religioni abramitiche ha gettato un’ombra sul mondo moderno. Riusciamo a sconfiggere le malattie, combattere la fame e superare i limiti fisici dei nostri confini terrestri, ma sembriamo incapaci di accettare la moralità comune che lega cristiani, ebrei e musulmani.
Il titolo della mostra «Gerusalemme 1000-1400: ogni persona sotto il cielo», aperta dal 26 settembre all’8 gennaio al Metropolitan Museum of Art, potrebbe far pensare a un mondo medievale di cooperazione pacifica in Oriente. Invece questo evento presenta la ricchezza materiale di Gerusalemme senza nessun tentativo di nascondere la violenza della città medievale.
I visitatori rimarranno affascinati dalla proposta di manoscritti, oggetti in vetro e tessuti, ma saranno esausti di fronte alle tracce degli scontri tra le culture in questa città santa. Dall’anno 100 circa fino alla conquista ottomana agli inizi del XV secolo, Gerusalemme fu occupata dai fedeli di tutte e tre le religioni, se non in pace totale quantomeno in una situazione di pari considerazione. Per gli ebrei Gerusalemme era (ed è ancora oggi) la città santa per eccellenza, l’incarnazione della verità del popolo eletto. Più tardi divenne il luogo storico della nascita del Cristianesimo e in seguito la prova dell’autenticità di Maometto come profeta di Allah, il luogo da cui, secondo alcuni studiosi, egli ascese al cielo. Le storie delle tre religioni trovarono un luogo fisico, una città di monumenti di pietra e strade, dove recarsi in pellegrinaggio e a cui aspirare il ritorno. Nel 1601 il viaggiatore persiano Nasir-I Khusraw la descrive come una città dove le grandi religioni convivevano, scandita da colonnati di pietra e porte monumentali, ognuna con i suoi siti sacri. Nella sua struttura, la città aveva iniziato a rappresentare il tentativo di un’armonia ecumenica raramente vista nel resto del mondo.
Le dimensioni della mostra del Met, circa 200 opere in prestito da una sessantina di collezioni pubbliche e private, è adeguata a quello che si può a ragione definire un punto di riferimento nella nostra comprensione di quel periodo. Sculture, gioielli, manoscritti miniati, oggetti in oro e metallo, ceramiche e tessuti testimoniano l’intersezione delle tre fedi. Una ciotola egizia della dinastia fatimide con iscrizioni in arabo ritrae un sacerdote cristiano che usa un incensiere; un bruciainceso egizio ha la forma della Cupola della Roccia, per ricordare fedelmente la città santa di Gerusalemme nelle comunità musulmane più lontane; una scatola in ottone realizzata in Siria, sempre nella forma della Cupola della Roccia, testimonia l’importanza della città come luogo di pellegrinaggio per tutti i musulmani. L’interazione culturale tra le comunità ebree e cristiane è dimostrata in un anello nuziale ebraico in oro dalle forme architettoniche gotiche (cristiane). Un insieme di cinque capitelli di marmo dalla Chiesa dell’Annunciazione di Nazareth, scoperti all’inizio del ’900 e raramente esposti fuori da Israele, testimonia il tentativo cristiano nel XII secolo di importare la tradizione artistica dell’Europa gotica.
Le Crociate lasciarono un marchio indelebile a Gerusalemme. Gli eserciti dall’Occidente fondarono un regno nel 1099 che durò per quasi 200 anni. Queste guerre hanno un ruolo importante nella mostra, che comprende una statua giacente a grandezza naturale del cavaliere Jean d’Alluye con la sua armatura. Accanto è esposto uno straordinario manoscritto che descrive nei dettagli l’armatura e le armi del Saladino, il grande guerriero islamico che cacciò i crociati da Gerusalemme nel 1187.
La mostra può solo iniziare ad affrontare il tema proposto nel titolo, ma l’effetto cumulativo dell’allestimento evoca una ricca esperienza della vita a Gerusalemme sotto la sovranità delle tre comunità che ancora oggi sono il cuore spirituale delle religioni abramitiche.