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Gli artisti invisibili

Lucio Pozzi

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Dimenticati per anni, all’improvviso sono apprezzati

È di moda esser dimenticati. Sembra un cinico paradosso ma ci sono segnali in giro che dopo tanta corsa alla novità effimera, agli emergenti che dopo un giorno al sole vengono poi crudamente scartati nella nebbia dell’oblio, il mercato stia aprendo uno spiraglio di interesse verso i meravigliosi artisti che ha emarginato: quelli che persistono a fare la loro arte, che non hanno tempo per farsi propaganda e corteggiare i potenti.

Dale Henry, «Bend in the Skies near Cézanne»

Alanna Heiss ha ereditato tutte le opere di Dale Henry (1931-2011). Prima di morire, Dale le ha chiesto di regalarne una a ciascuno dei suoi amici, vietandole in modo assoluto di metterle nel circuito del mercato. Alanna l’anno scorso ha organizzato una grande retrospettiva di Henry come ultima mostra alla Clocktower, lo spazio alternativo da lei inventato nel 1972, prima che di spazi alternativi si parlasse, dal quale poi è nata PS1. Ha intitolato l’esposizione «Dale Henry, the artist who left New York», facendone così un emblema di tanti altri che hanno fatto lo stesso. La Clocktower è stata sfrattata dal Comune di New York per farne un condominio.

Ora Alanna offre a tutti un lavoro di Henry in regalo, anche ai musei, sempre che questi li accettino. Da anni mi chiedevo dove fosse finito. Dale Henry. Era un artista che esponeva da John Weber. Diventammo amici. Weber è il gallerista che sta diventando un mito postumo del mercante coraggioso e anticonformista. Così come esponeva Dale Henry senza riuscire a piazzarne che poche opere, altrettanto Weber trovava poca risposta all’arte di Alighiero Boetti, Roberta Allen, Marco Gastini, Daniel Buren, Alice Aycock, Lucio Pozzi, Stephen Rosenthal, Allan McCollum, Franz Erhard Walther ecc. Dale, disgustato dal mondo dell’arte si ritirò in Virginia nel 1986, ma continuò a fare arte, sempre con sensibilità estrema, sempre fondandola sui materiali semplici che la costituiscono: la tela, la carta, l’immagine sfuggente, la presentazione. A vederne il catalogo ne esce un Licini americano, ma dalla visone allargata e intenzionalmente mai conclusa. Le sue opere vagano dalla pittura alla struttura, dalla trasparenza al tangibile, dalla luce all’opaco.

A Milano è in corso una mostra di Alfredo Chighine, presentato come un «artista dimenticato». Gli ultraottantenni William Anastasi e James Bishop a New York e Paolo Masi in Italia di colpo vengono visti, pur essendo sempre stati sotto il naso di tutti. Giosetta Fioroni e Dadamaino dopo esser state marginalizzate per anni, godono l’attenzione meritata. In attesa, quanti altri? Ne cito alcuni di quelli che trovo forti: Paolo Patelli, Lucia Pescador, Susanna Tanger, Irma Blank, Peter Dreher, Carmengloria Morales. Ce ne sono molti altri.
L’enigma è: tanti artisti molto in gamba sono presentati da galleristi e musei coraggiosi, hanno il loro difficile mercato e sono visti da centinaia di persone eppure sono invisibili. Nuova definizione: Artista Invisibile. Pur essendo apprezzati, raramente sono inclusi nelle grandi antologiche internazionali e nei libri dell’arte che conta.     

Lucio Pozzi, 11 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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