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I prefetti non sono competenti in arte

Denise La Monica

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Tra luglio e agosto si è acceso un aspro scontro sull’organizzazione del Ministero per i Beni e le Attività culturali e il Turismo (Mibact). Il motivo è la discussione (e la successiva contrastata approvazione) del disegno di legge di iniziativa governativa (cosiddetto Ddl Madia) dal titolo Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (S. 1577/C. 3098), promosso da Marianna Madia, ministro della Funzione Pubblica.

A luglio due circolari UilBac (n. 1616 del 17 luglio; n. 1618 del 21 luglio) lanciano l’allarme, subito ripreso da un duro articolo su «la Repubblica» di Tomaso Montanari (20 luglio) e poi da comunicati dell’Associazione Bianchi Bandinelli (22 luglio) e di Assotecnici (30 luglio). Al contempo viene pubblicata in rete (www.change.org) una petizione dal titolo «Non si uccide così l’art. 9 della Costituzione» che, in una sola settimana, raccoglie circa 20mila adesioni. Intanto il disegno di legge procede nel suo iter parlamentare fino ad essere approvato il 4 agosto (Legge n. 124 del 7 agosto 2015, «Gazzetta Ufficiale» n. 187 del 13 agosto 2015). 

I punti particolarmente critici a oggi rilevati per l’amministrazione della tutela sono due: l’introduzione del meccanismo del silenzio-assenso per quanto riguarda «l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche» (art. 3, c. 1); la delega al Governo ad adottare, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge (28 agosto), «uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina (...) dei Ministeri (...)» nel rispetto di specifici principi e criteri direttivi. Uno degli ambiti su cui il Governo è autorizzato a legiferare è la «trasformazione della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo in Ufficio territoriale dello Stato, quale punto di contatto unico tra amministrazione periferica dello Stato e cittadini» che comporta anche la «confluenza nell’Ufficio territoriale dello Stato di tutti gli uffici periferici delle amministrazioni civili dello Stato» (art. 8, c. 1, lett. e). Si prevede quindi la trasformazione delle Prefetture in «uffici territoriali dello Stato» e la «confluenza» nel nuovo ufficio territoriale così costituito delle Soprintendenze in quanto appunto «uffici periferici delle amministrazioni civili dello Stato». In tal modo verrebbe disarticolato il capillare sistema italiano della tutela territoriale, disancorando le Soprintendenze dal loro Ministero di riferimento (non a caso i decreti legislativi delegati riguardano anche la modifica della disciplina dei Ministeri), in un momento in cui, per giunta, il medesimo Mibact è in corso di radicale riorganizzazione disposta dal d.P.C.M. 171/2014.

Durante la discussione del provvedimento alla Camera, in luglio, erano stati presentati due emendamenti finalizzati a escludere le Soprintendenze da questo processo: tre deputati Pd (Piccione, Malisani e Ghizzoni) avevano proposto l’emendamento n. 7188 che aggiungeva al dettato dell’ar. 8 «ad esclusione delle amministrazioni preposte alla tutela del patrimonio culturale», poi ritirato; alcuni deputati del Movimento 5 Stelle (Mucci e altri) avevano sottoposto a discussione un simile emendamento n. 7189, ma è stato respinto con 299 voti contrari. L’insuccesso dei due emendamenti lascia quindi presupporre la consapevole volontà da parte governativa di includere le Soprintendenze in questo percorso. È stato poi presentato un ordine del giorno, sottoscritto da deputati Pd Ghizzoni, Malisani e Piccoli Nardelli, ma sembra non aver avuto alcun effetto. 

Anche il Consiglio Superiore per i Beni culturali e paesaggistici, dopo una dichiarazione contro il silenzio-assenso (14 luglio), il 4 agosto ha denunciato l’effetto dannoso della «confluenza» delle Soprintendenze negli Uffici territoriali dello Stato in quanto «mette in pericolo l’esistenza stessa del Mibact». Il ministro Marianna Madia ha brevemente risposto soltanto alle critiche sul silenzio-assenso («la Repubblica», 16 luglio), giustificandolo con la necessità di definire tempi certi per il perfezionamento delle pratiche amministrative. Ma una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652), che si collega ad altre sei analoghe sentenze, pronunciate dal 1982 al 2011, ribadisce il primato della tutela del paesaggio rispetto al bilanciamento con altri interessi, ancorché pubblici. Vale a dire che la necessità di garantire tempi certi nelle pratiche amministrative non è ovviamente prioritaria rispetto alla tutela del paesaggio e che il dispositivo del silenzio-assenso è palesemente incostituzionale. 

Per quanto riguarda il destino delle Soprintendenze poco confortano le immagini pubblicate sul sito web del Ministero della Funzione Pubblica (http://www.funzionepubblica.gov.it/), che recitano: «È vero che i Soprintendenti saranno sottoposti all’autorità dei Prefetti? No, sul territorio ci sarà un unico Ufficio dello Stato nel quale il Prefetto avrà un ruolo di direzione (che non significa funzioni di comando) nei rapporti tra istituzioni e di rappresentanza nei confronti dei cittadini. Nelle materie di loro competenza, i Soprintendenti continueranno a rispondere al Ministero dei Beni culturali». La delega al Governo prevede, al contrario, l’«attribuzione al prefetto (...) di funzioni di direzione e coordinamento dei dirigenti degli uffici facenti parte dell’Ufficio territoriale dello Stato, eventualmente prevedendo l’attribuzione allo stesso di poteri sostitutivi», determinando così un ruolo superiore del prefetto rispetto agli altri funzionari e dirigenti dell’Ufficio.

Il 10 agosto «la Repubblica» ha pubblicato un appello al presidente della Repubblica firmato da sette costituzionalisti (fra cui Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte Costituzionale) e da Salvatore Settis, già presidente del Consiglio Superiore per i Beni culturali. L’appello rileva la «palese incostituzionalità» delle due disposizioni descritte, in quanto fattori di indebolimento della tutela, incardinata tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 9). All’appello dei costituzionalisti, il 14 agosto se ne è aggiunto un altro dello stesso tenore, promosso da più di cento dipendenti del Mibact. Mentre scriviamo, il presidente Mattarella non ha ancora firmato la legge Madia, ma il silenzio del ministro Dario Franceschini diventa di giorno in giorno più preoccupante.

Denise La Monica, 22 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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