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Gabriele Guercio ripercorre alcune traiettorie dell’arte dal Romanticismo ai giorni nostri, domandandosi se lo stato dell’arte in cui viviamo oggi, inedito, ma conforme alla società dei consumi, non ci abbia condotti a uno stato di decadenza
- Diletta Dogliani
- 28 aprile 2025
- 00’minuti di lettura


Francis Alÿs, «Linchados», 2010
© Courtesy David Zwirner
Il mondo dell’arte all’insegna del business
Gabriele Guercio ripercorre alcune traiettorie dell’arte dal Romanticismo ai giorni nostri, domandandosi se lo stato dell’arte in cui viviamo oggi, inedito, ma conforme alla società dei consumi, non ci abbia condotti a uno stato di decadenza
- Diletta Dogliani
- 28 aprile 2025
- 00’minuti di lettura
Diletta Dogliani
Leggi i suoi articoliNel 1974 Andy Warhol profetizzò che l’arte del futuro sarebbe stata quella del business. La profezia si è avverata, mentre ha perso credibilità l’idea dell’arte come creazione umana. Al suo posto dilaga una produzione massiva di opere la cui legittimazione dipende non tanto da qualità e significati intrinseci a esse, quanto dalle negoziazioni tra l’opera e il campo della sua fruizione, tra il mondo dell’arte e la richiesta del mercato.
È questo uno degli assunti del nuovo libro di Gabriele Guercio che ripercorre alcune traiettorie dell’arte dal Romanticismo ai giorni nostri, domandandosi se una tale situazione, inedita, ma conforme alla società dei consumi, non ci abbia condotti a uno stato di decadenza. Per rispondere vengono riesaminate le figure del dilettante, professionista e maestro, analizzando la loro evoluzione e finale dissolvenza. Emblematici dei nostri giorni sono gli artisti «professionisti», quelli favoriti dal mercato, desiderosi di conquistare il favore del grande pubblico. Nell’adattare la creatività alle regole del gioco affaristico, essi realizzano prodotti che in termini visivi e di contenuto mettono le persone a proprio agio. Jeff Koons è l’artista postwarholiano per eccellenza, manager e carismatico persuasore del suo pubblico. Maurizio Cattelan non è da meno. Si è rivelato un abile «professionista», sia guadagnando il consenso di direttori di museo e collezionisti tramite una produzione in bilico fra la denuncia e la parodia di tematiche sociopolitiche, sia depotenziando la figura stessa dell’artista e descrivendosi come un semplice «lavoratore».
L’ascesa dei professionisti odierni procede di pari passo con il restringersi dello spazio per i «dilettanti», come per i «maestri». Entrambe le categorie appaiono ormai poco comprensibili ed evanescenti. Nell’esporre l’ambivalenza del panorama artistico odierno, il volume dimostra come esistano artisti che sfuggono alle costrizioni del professionalismo. Fra questi Charles Ray, le cui sculture mettono in opera un antropomorfismo sproporzionato rispetto alla realtà e per questo inquietante, e il belga Francis Alÿs, il quale negli anni ’90 chiese ai «rotulistas» (pittori murali messicani) di riprodurre le sue illustrazioni per creare nuove immagini. A questo punto per gli artisti contemporanei si profila un aut aut: intraprendere una carriera da «professionisti», lavoratori specializzati come tanti ed esperti delle leggi pubblicitarie e del mercato, oppure riaprire coraggiosamente le vie di una attività artistica che si proietta verso l’assoluto.
Arte o decadenza. Dilettanti professionisti maestri
di Gabriele Guercio, 336 pp., Quodlibet, Macerata 2025, € 26

La copertina del volume