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Francesca Petretto
Leggi i suoi articoliAnche la città più grande della Sassonia, la Leipzig dei tedeschi, si appresta nel 2020 a commemorare nel centenario della morte un suo illustre concittadino, Max Klinger (1857-1920): pittore, scultore ma soprattutto prolifico incisore (sua la suite «Un guanto», una sorta di racconto figurato presurrealista).
È perlomeno interessante la coincidenza che lo vuole autore della statua a colori di Beethoven, senz’altro la più celebre delle sue opere: quel Beethoven di cui sempre nel 2020 viene celebrato in tutta la Germania il 250mo anniversario della nascita. Questo sincronismo non è casuale, poiché Klinger, «il più tedesco degli artisti tedeschi» per Lovis Corinth, fu veramente connesso con tutti gli esponenti della scena artistica europea del suo tempo.
Amò molto l’Italia: nel 1905 acquistò a Firenze la Villa Romana dove istituì l’omonimo premio che ancora oggi regala ai più meritevoli giovani artisti tedeschi la possibilità di portare avanti la propria ricerca artistica per 10 mesi nella patria toscana delle belle arti.
Il Museum der bildenden Künste–MdbK Leipzig, che possiede la più vasta collezione di sue opere, gli dedica, dal 6 marzo al 14 giugno, la colossale antologica «Max Klinger 2020». Il direttore del museo, Alfred Weidinger, ha dichiarato di voler sfruttare l’occasione per esporre al pubblico il risultato di alcune importanti ricerche condotte sui suoi lavori: «Un ottimo pretesto e una rara opportunità per poter sostenere l’importanza del ruolo svolto da Klinger nella storia dell’arte internazionale e nella formazione di una coscienza collettiva della nostra società moderna».
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