Rebecca Anne Proctor
Leggi i suoi articoliIn Libano, a un’ottantina di chilometri a sud della capitale Beirrut, l’antica città costiera fenicia di Tiro, nota per le sue spiagge incontaminate, il porto e le rovine romane, dopo una serie di attacchi aerei israeliani è diventata una città fantasma. Alla fine di ottobre Israele ha sganciato bombe in alcuni dei principali siti della città, tra cui l’Ippodromo, patrimonio mondiale dell'Unesco, e in siti sul litorale associati ai Fenici e ai Crociati. Gli attacchi sono avvenuti nel contesto dell’escalation della guerra di Israele contro Hezbollah in Libano, intensificatasi dopo il 17 settembre, quando in tutto il Paese sono esplosi centinaia di cercapersone usati dai membri del gruppo militante.
Stando al Ministero della Cultura libanese e a Joanne Bajjaly, archeologa e fondatrice e direttrice dell’ong libanese Biladi, sono stati colpiti anche altri siti del patrimonio culturale libanese. Tra questi, lo storico mercato ottocentesco in stile ottomano di Nabatieh, comprendente i quartieri di Saraya e Midan; antichi edifici religiosi, tra cui la Moschea Tayr Debba, la Moschea di Kfar Tebnit, la Chiesa di Dardghaya e la Moschea di Blida. Gli attacchi aerei hanno inoltre colpito direttamente siti archeologici come il castello di Tibnin, importante edificio crociato.
I raid aerei israeliani del 6 novembre nel Libano orientale, riferisce ancora il Ministero, hanno gravemente danneggiato un edificio di epoca ottomana nei pressi delle rovine romane di Baalbek, patrimonio dell’umanità dell'Unesco e sede di alcuni dei più grandi esempi di architettura romana imperiale del mondo. Pesante anche il bilancio delle perdite di vite umane: il Ministero della Sanità libanese ha reso noto che negli ultimi attacchi sono state uccise almeno 40 persone; altre 19 avevano perso la vita in un precedente attacco nella zona di Baalbek. A causa del vicino bombardamento, riferisce Bajjaly, una delle pietre del «Qube», o «cupola», del Qubbat Douris di Baalbek, risalente al 1243 d.C. e sede di un santuario musulmano, è caduta a terra. «Il monumento in sé, spiega l’archeologa, è ancora in piedi, anche se i colpi si sono avvicinati molto. Quello che ancora non sappiamo è il livello di impatto dei continui movimenti sismici e delle vibrazioni sui monumenti a causa dei bombardamenti. Questi danni sono imprevisti. Al momento nessuno può andare a valutare i danni dovuti alla guerra o misurare la forza delle vibrazioni sul terreno. C’è poi anche il danno del continuo inquinamento dell’aria e delle sostanze chimiche presenti nell'aria. Nessuno sa come influiranno sulle pietre dei monumenti».
In risposta a una richiesta del ministro della Cultura libanese Mohammed Al-Murtada, l’Unesco ha convocato per il 18 novembre una sessione d’emergenza volta a mettere in atto misure urgenti per la protezione dei siti culturali del Paese. Il Ministero della Cultura sarà rappresentato da Moustapha Adib, ambasciatore del Libano presso le Nazioni Unite, e dal direttore generale delle antichità Sarkis Khoury.
Aliph, un fondo globale con sede a Ginevra dedicato alla protezione e al restauro del patrimonio nelle zone di conflitto e nelle situazioni post conflitto, ha contribuito con 100mila dollari a queste misure di emergenza. insieme alla Direzione generale delle antichità e a Biladi, Aliph sta inoltre lavorando per salvaguardare le collezioni di diversi musei libanesi. Zeina Arida, direttrice del Mathaf: Arab Museum of Modern Art di Doha, in Qatar, ed ex direttrice del Museo Sursock di Beirut, afferma: «Questa guerra segna la prima chiusura completa del Sursock. Tutte le opere d'arte sono in deposito». Dal canto suo Valéry Freland, direttore esecutivo di Aliph, afferma: «Cerchiamo di sviluppare misure preventive per i Paesi in conflitto, ma spesso è difficile prevedere quando tali misure saranno necessarie. Dobbiamo ancora valutare il livello dei danni».