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Le Olimpiadi di Rio sono l’ultima speranza

Le Olimpiadi di Rio sono l’ultima speranza

Silas Martì

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Per la crisi economica calano i finanziamenti pubblici, chiudono musei e si annullano mostre. E si aspettano i Giochi Olimpici per raccogliere fondi

 

Mentre il Brasile affronta la più grave recessione da più di vent’anni a questa parte, musei e centri culturali lottano per rimanere a galla. Alcuni affitteranno le loro strutture durante i Giochi Olimpici per fare cassa, altri stanno tagliando il personale e accantonando i progetti di mostre. Secondo dati pubblicati dal Governo a marzo, l’economia brasiliana è crollata del 3,8% nel 2015, il calo più grave dal 1990. La disoccupazione è in crescita e la valuta nazionale è scesa a un quarto del valore del dollaro.

 

A Rio de Janeiro, sede delle Olimpiadi 2016, la scuola d’arte Parque Lage e il centro culturale Casa França-Brasil hanno licenziato il 40% dello staff e dimezzato il budget, da 3 a 1,5 milioni di dollari. Per trovare fondi, il Parque Lage chiuderà agli studenti e durante le Olimpiadi affitterà le sue strutture al Governo inglese per eventi.

 

I musei di San Paolo, la città più grande del Paese, sono quelli che più hanno risentito della crisi. A fine marzo il Paço de Artes, un centro culturale famoso per il suo programma sperimentale, è stato «sfrattato» dopo 22 anni dalla sua sede per fare spazio a un laboratorio gestito dal Governo che produce vaccini contro la febbre «dengue». Il Museu Paulista, il più antico della città, è stato chiuso nel 2013 perché non è riuscito a riparare il tetto crollato (ha raccolto appena il 5% dei 25 milioni di dollari necessari per l’intervento). Il Museu de Arte Contemporânea, parte dell’Università di San Paolo, non è in grado di finanziare le mostre temporanee perché la sua sede centrale non ha i fondi.

 

«I soldi sono pochi, spiega André Sturm, direttore del Museu da Imagem e do Som, che l’anno scorso ha perso il 10% dei suoi finanziamenti e un quinto del personale. Avevamo messo da parte più fondi del solito perché immaginavamo che la crisi sarebbe peggiorata, ma quello che sembrava un anno più stabile ora non si sta rivelando tale».

 

Istituzioni più grandi come il Museu de Arte Moderna, il Museu de Arte de São Paulo e la Pinacoteca do Estado de São Paulo hanno prolungato le mostre per ridurre i costi. Il Museu de Arte Moderna è noto per le sue mostre di grandi dimensioni, che coincidono con la Biennale di San Paolo, in programma a settembre. Quest’anno invece esporrà la sua collezione permanente. «Di solito allestiamo 6-8 mostre all’anno, dichiara Felipe Chaimovich, capocuratore del museo. Quest’anno ne avremo cinque a causa delle situazione finanziaria».

 

È in difficoltà anche l’Instituto Inhotim di Brumadinho nel Minas Gerais, il museo privato più grande del Brasile, creato da uno degli uomini più ricchi del Paese, l’ex magnate dell’industria mineraria Bernardo Paz. Il suo direttore artistico Rodrigo Moura è stato licenziato a gennaio. Il museo, a nord di San Paolo, ha rimandato nuovi ampliamenti, tra cui padiglioni per opere sitespecific di Anish Kapoor, Olafur Eliasson, Ernesto Neto e Nuno Ramos. «La mentalità non è positiva, spiega Antônio Grassi, direttore esecutivo di Inhotim. Quello che abbiamo constatato è un crollo trasversale nella sponsorizzazione, per questo non abbiamo ancora potuto annunciare un programma per quest’anno».

 

Silas Martì, 14 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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