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Jenny Dogliani

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L’infrastruttura è una mediazione tra passato e futuro. Non si tratta soltanto di costruire grandi opere capaci di connettere persone e territori, sostenere l’economia, rafforzare la coesione sociale, accompagnare la transizione ecologica e digitale. L’infrastruttura è ciò che trasforma uno spazio in comunità. E lo è da sempre. Il territorio su cui prende forma non è mai una tabula rasa, ma una realtà complessa e stratificata: un archivio di storie, insediamenti e civiltà che si sono succedute nei secoli e nei millenni. Costruire significa inserirsi in una stratigrafia viva, aggiungere le città del futuro a quelle del passato, in un processo sia tecnico che culturale.
Per questo Webuild, global player a cui si devono molte delle infrastrutture più iconiche e innovative al mondo, pone la massima attenzione alla tutela e valorizzazione dei ritrovamenti archeologici, offrendo alle comunità protocolli tecnici e soluzioni ingegneristiche avanzate. Un impegno particolarmente rilevante in Italia, il Paese con il maggior numero di siti Unesco, dove ogni cantiere è potenzialmente uno scavo archeologico, una finestra su un mondo sepolto.
Si stima che oltre l’80% del patrimonio culturale italiano sia ancora nascosto sotto metri di terra e vegetazione, in territori segnati da catene montuose, rocce sedimentarie, calcari, depositi vulcanici o stratificazioni urbane millenarie. Elementi che rendono ogni scavo una sfida non solo culturale, ma anche ingegneristica. Forte di questa consapevolezza, quando Webuild apre cantieri in aree sensibili, svolge sempre i lavori in collaborazione con le Soprintendenze competenti, coinvolte fin dalle fasi di scavo, indagine e valutazione del rischio archeologico. Una collaborazione raccontata in un capitolo dell’Agenda Cultura di Webuild attraverso quattro filoni tematici: la Storia dei ritrovamenti; l’Animus (il racconto del contesto umano); le Tecniche ingegneristiche impiegate; la Sostenibilità ambientale (intesa non solo come tutela, ma come valorizzazione e restituzione dei luoghi in spazi rigenerati e accessibili).

Webuild è attualmente impegnata in Italia in nove grandi progetti infrastrutturali che affiancano alla costruzione delle opere la salvaguardia e valorizzazione dei beni archeologici. A partire da Roma, che con i suoi 2.700 e oltre anni di storia è la città con la maggiore concentrazione di patrimonio archeologico al mondo, sia per quantità che per stratificazione verticale. Qui, la Linea C della metropolitana, opera simbolo dell’incontro tra ingegneria e archeologia, ha permesso di esplorare il sottosuolo fino a più di 20 metri di profondità, riportando alla luce strutture monumentali, mosaici, domus e spazi pubblici di epoca imperiale. Le stazioni centrali della linea si sono trasformate in musei ipogei, offrendo un’esperienza di mobilità che è diventata un viaggio nel tempo.
Anche nel Nord e Centro Italia i cantieri in corso di Webuild hanno portato al ritrovamento di numerosi reperti archeologici. A Milano, durante gli scavi per la Linea 4 della metropolitana, sono emerse strutture di età romana e medievale, tra cui resti di mura, colonne e tracciati stradali. In Veneto, lungo la linea AV Verona–Padova, sono stati individuati insediamenti rurali di epoca romana: una necropoli, strade selciate e fossati difensivi. Nei cantieri della linea alta velocità Terzo Valico dei Giovi, tra Piemonte e Liguria, sono riemerse evidenze di frequentazioni preromane e romane, come un acquedotto e una villa rustica collegate a percorsi di crinale, mentre nel progetto del Quadrilatero Marche–Umbria – Maxilotto 2 sono stati documentati abitati eneolitici, villaggi dell’età del Ferro, necropoli e tratti di viabilità romana. 

Ma è nel Sud Italia, in contesti estesi e spesso poco esplorati dalla ricerca tradizionale, che i cantieri Webuild stanno restituendo alcuni tra i dati archeologici più rilevanti, dal Neolitico alla tarda età romana, grazie a indagini non realizzabili con metodologie convenzionali, condotte attraverso carotaggi e rilievi spinti fino a 30 metri di profondità. A Napoli, lungo la tratta Dazio–Cantieri della Ferrovia Cumana, i lavori di messa in sicurezza del costone hanno interessato l’area archeologica dello Stadio di Antonino Pio, nel Parco Archeologico dei Campi Flegrei. Situato a ovest di Pozzuoli, lungo 300 metri e largo 70, è uno dei pochi stadi interamente in muratura e di grandi dimensioni costruiti nell’Impero Romano d’Occidente e giunti fino a noi. Voluto nel II secolo d.C. dall’imperatore Antonino Pio in memoria di Adriano, fu frequentato fino al IV secolo, per poi essere progressivamente abbandonato. Durante i lavori di consolidamento del costone tufaceo sono emersi nuovi resti strutturali di età tardo-repubblicana e imperiale, insieme a materiali ceramici che arricchiscono ulteriormente la sua comprensione e conoscenza.
Sempre in territorio partenopeo, lungo il tracciato della linea AV Napoli–Bari, Webuild è intervenuta nel tratto Napoli–Cancello, storico nodo di comunicazione tra l’area vesuviana e l’interno campano. Gli scavi hanno messo in luce una lunga e articolata storia di frequentazione: dai primi insediamenti preistorici, attestati da strumenti in pietra scheggiata e ceramica grezza, fino all’epoca romana, documentata da strutture agricole ben conservate, probabilmente parte di una villa rustica o di un impianto produttivo legato alla rete viaria antica. Tra i ritrovamenti figurano anche livelli vulcanici, tracce di canalizzazioni e materiali paleontologici, che confermano la complessità geomorfologica dell’area e che raccontano di un territorio reso fertile dai sedimenti del Vesuvio e abitato già tra il Neolitico e l’Età del Bronzo. Anche nel lotto Apice–Hirpinia, gli scavi condotti in località Castello del Fiego (Apice) hanno portato alla luce un insediamento risalente all’Età del Bronzo, con canalette e opere idrauliche scavate nel terreno, associate a numerosi frammenti ceramici. Una scoperta significativa per l’Irpinia, che contribuisce a ricostruire la storia del popolamento dell’entroterra campano: un’area dove le tracce di insediamento stabile in epoca protostorica sono ancora poco conosciute.

Di grande interesse è anche la costa ionica calabrese, crocevia di popoli e culture fin dall’antichità. Durante i lavori del Terzo Megalotto della SS106 Jonica, tra Sibari e Roseto Capo Spulico, è riaffiorato un paesaggio antico, segnato da fornaci, canali e ceramiche. Tra i ritrovamenti spicca una fornace circolare di epoca ellenistica, del diametro di quattro metri, emersa quasi intatta: un reperto straordinario per dimensioni e stato di conservazione. L’opera, testimonianza di un’attività produttiva strutturata sul territorio, sarà ricollocata e valorizzata all’interno del vicino Parco archeologico di Broglio di Trebisacce. Accanto alla fornace, gli archeologi hanno individuato fossati e canalette in terracotta per la regimazione delle acque, tracce di combustione e concentrazioni di ceramiche databili tra il periodo ellenistico e quello romano-ellenistico. Questi reperti confermano la vitalità economica e insediativa di questo tratto di costa, già noto per la vicinanza a importanti poli della Magna Grecia, come Sibari.
Sempre nell’area centro-meridionale del Mediterraneo, durante i lavori di ammodernamento della linea ferroviaria Palermo–Catania, nella tratta tra Bicocca e Catenanuova, è stato individuato un antico tracciato stradale nascosto sotto l’attuale SS192. Riemerso a 120 centimetri di profondità, misura circa 10 metri per 4,4 ed è realizzato con pietre e sassi locali di media e grande pezzatura. Ha restituito reperti ceramici e metallici databili tra l’VIII e il XVIII secolo, rivelando una continuità d’uso che attraversa oltre mille anni di storia. Procedendo verso l’entroterra etneo, tra Motta Sant’Anastasia e Paternò, sono infine riemersi frammenti ceramici post-medievali e manufatti litici che testimoniano la vivacità storica di uno snodo cruciale tra costa e interno. Gli scavi hanno consentito di ricostruire antichi sistemi di viabilità e insediamento, arricchendo la conoscenza del paesaggio storico della Sicilia centrale. Alcuni tratti sono stati smontati per essere conservati o ricollocati in contesti espositivi. I reperti più significativi, tra cui frammenti ceramici e metallici, saranno destinati ai musei civici di Paternò e Motta Sant’Anastasia, dove andranno ad ampliare le collezioni con testimonianze materiali della storia della viabilità siciliana. In programma anche un percorso didattico lungo il tracciato ferroviario, con pannelli esplicativi, supporti digitali, mostre e open day per la scoperta del territorio.
Sono tutti studi e scoperte che contribuiscono ad accrescere e approfondire la conoscenza del nostro patrimonio archeologico, resi possibili dalle tecnologie impiegate da Webuild come droni, laser scanner 3D, fotogrammetria, sensori IoT, Big Data, machine learning e una piattaforma di monitoraggio in tempo reale. Strumenti avanzati che trasformano ogni infrastruttura in un’opera di conoscenza, in una forma di cura del paesaggio naturale e antropico, in un esercizio di civiltà rivolto alle generazioni presenti e future. 

Jenny Dogliani, 09 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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