Palazzo Te, quel gioiello del Rinascimento dove Giulio Romano ha dispiegato il suo genio un po’ eretico e molto ironico, coniugando (come diceva Tafuri) fittizio e paradossale, ospita fino al 26 giugno la mostra «Le pareti delle meraviglie. Corami di corte tra i Gonzaga e l’Europa». Oggi quasi del tutto perduti, tra Quattro e Seicento gli apparati decorativi in cuoio erano soliti ornare le pareti dei palazzi patrizi d’Europa con funzione pratica (servivano da isolante) e per ostentare ricchezza.
Malgrado le ridotte dimensioni del loro Stato, i Gonzaga, che per un secolo e mezzo fecero tendenza in Europa in ambito di arte, letteratura e spettacolo (da Mantegna a Monteverdi almeno), commissionarono corami di lusso ai più rinomati centri per la lavorazione delle pelli: Napoli, Roma, Bologna, Ferrara, Venezia. Vero e proprio unicum che consente di visitare Palazzo Te come non lo si è mai visto, l’esposizione, a cura di Augusto Morari, presenta circa 60 pezzi, accogliendo nei suoi spazi anche una «bottega del maestro auripellario» che illustra le tecniche ereditate da mori e arabi di Spagna.
La mostra apre la stagione espositiva di Fondazione Palazzo Te «Mantova: l’Arte di vivere», progetto annuale diretto da Stefano Baia Curioni. Si tratta, come racconta il direttore, di «una doppia occasione di felicità: conoscere l’arte antica di portare la magia nei palazzi decorando pareti fantastiche e vedere Palazzo Te come è stato immaginato al tempo della sua creazione». E d’altronde già solo tornare, per dirla col Vasari, al «bel palazzo del T.», è felicità in sé.
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Il particolare di un frammento di corame con putto del XVI secolo
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