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Lei non si preoccupy: anche questa è arte

Julia Michalska

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La Biennale di Berlino del 2012, una delle più importanti rassegne sull’«arte attivista» degli ultimi anni, non era stata accolta con particolare favore. La mostra, organizzata da Artur Zmijewski, era stata criticata da più parti per aver invitato i protestanti a «occupare» il KW Institute for Contemporary Art di Berlino, una scelta che molti hanno tacciato di voler essere una spettacolarizzazione dei conflitti sociali. Oggi, il Zentrum für Kunst und Medientechnologie (ZKM) di Karlsruhe torna ad affrontare l’argomento con «Global Activism», una mostra aperta dal 14 dicembre al 30 marzo 2014 e curata dal direttore del museo Peter Weibel. A differenza della politica, l’attivismo «non riguarda l’ambito tradizionale dell’arte, dichiara Weibel. Non crea un prodotto che si possa vendere o esporre facilmente in gallerie e musei». L’attivismo vive di documenti, blog, video, riviste. Così, la definizione di arte cambia ed è il curatore piuttosto che l’artista a stabilire quale debba essere l’intento artistico che anima un’azione attivista. Sono circa 200 gli oggetti in mostra, provenienti da organizzazioni non governative come Greenpeace, movimenti di protesta come Occupy, siti internet come Wikileaks e diversi blog tra cui Actipedia, Visualising Palestine e anonnews. Questi vengono presentati accanto a opere di artisti più tradizionali come Taryn Simon, Thomas Kilpper e il vincitore del Turner Prize Mark Wallinger. Highlight dell’evento, la riproduzione dell’accampamento di protesta di Brian Haw nella piazza del Parlamento di Londra, «State Britain», nel 2007. Non mancano le opere dell’onnipresente gruppo punk rock russo Pussy Riot. L’espansione dei confini disciplinari della creatività e dell’estetica negli anni Sessanta conferì alle azioni quotidiane lo status di arte: «Tutti erano artisti; fumare una sigaretta o non fumarla si poteva definire arte», afferma Weibel. Anche libri come il resoconto di Julia «Butterfly» Hill dei 738 giorni vissuti all’interno di una sequoia hanno titolo a comparire in una mostra d’arte. Stimolo per la mostra è lo sbocciare dei movimenti di protesta nel mondo arabo e in Turchia, che hanno dimostrato come i regimi possano anche solo per un breve periodo nella storia venire interrotti. «C’è un numero sempre maggiore di istituzioni non governative, osserva Weibel. Questo avviene in primo luogo perché le persone percepiscono che i diritti umani e l’ambiente non sono più tutelati dai governi, ma anzi sono minacciati dalle istituzioni. Stiamo assistendo a una moderna democrazia dinamica, non creata dalle normali dinamiche parlamentari ma dalla gente che esce in strada e protesta».








Julia Michalska, 25 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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