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Molti degli oggetti rubati dal British Museum potrebbero non essere mai recuperati. © Sebastian Pichler

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Molti degli oggetti rubati dal British Museum potrebbero non essere mai recuperati. © Sebastian Pichler

L’elenco degli oggetti rubati al British Museum

Pubblicazioni d’arte potrebbero divulgare gli elenchi illustrati ad accesso gratuito dei 1.500 o più manufatti mancanti dal museo, sostiene il consulente d’arte Ivan Macquisten

Ivan Macquisten

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Ci è stato detto che il numero di oggetti mancanti dal British Museum potrebbe essere di 2mila o più. Potrebbero coprire un periodo che va dal 1500 a.C. al XIX secolo... pensiamo. Molti, addirittura la metà, sono probabilmente gemme e vetri incisi provenienti dal lascito Townley. E se sappiamo che i furti sono avvenuti almeno dal 2014, è probabile che l’autore dei furti sia in azione da molto più tempo. In sintesi, non sappiamo molto, tranne il fatto che la maggior parte degli oggetti rubati avrà un valore monetario e culturale inferiore a quello dei principali tesori del museo londinese e il fatto che essa non è mai stata fotografata o catalogata. Ciò significa che non possono essere identificati ed è improbabile che vengano recuperati. Tuttavia, poiché il mercante d’arte Ittai Gradel ha rilevato la pista del furto identificando almeno alcuni oggetti della collezione, rimane la speranza di recuperarne alcuni.

Il presidente del British Museum George Osborne ha dichiarato alla Bbc che è già in atto un programma di recupero che coinvolge la polizia (che ha l’autorità di caricare gli elenchi sul sito web dell’Interpol) e l’Art Loss Register (Alr). Non c’è nulla di sbagliato nell’utilizzare Interpol, che ha accesso pubblico. Come impresa commerciale, l’Alr fa pagare 70 sterline per una singola ricerca. Questo sembra un ostacolo al recupero di oggetti di basso valore, a meno che l’Alr non permetta ricerche gratuite. Anche se non sappiamo quanti oggetti siano stati dispersi con successo tramite eBay e altri canali, è ragionevole supporre che la maggior parte degli acquirenti in queste circostanze non abbia le competenze necessarie per riconoscere se ciò che sta acquistando è autentico, falso o rubato, in particolare quando i pezzi in questione non sono di importanza eccezionale.

Mi sembra molto più probabile che chi teme di aver acquistato un manufatto del British rubato controlli i siti web dell’Antiquities Dealers’ Association, di pubblicazioni come «The Art Newspaper» o «Antiques Trade Gazette», che potrebbero offrire la divulgazione di elenchi illustrati a libero accesso. Ritengo ragionevole supporre che la maggior parte di questi inconsapevoli acquirenti sarebbe inorridita nell’apprendere l’origine di ciò che ha acquistato e che vorrebbe restituirlo al British. In quanto acquirenti in buona fede, dovrebbero aver diritto a un risarcimento secondo quanto previsto dalla Convenzione Unesco del 1970 sul commercio illecito di beni culturali.

Se, come sembra ormai certo, un gran numero di oggetti rubati è in circolazione, il British Museum ha anche il dovere di pubblicare tempestivamente il suo elenco nell’interesse della «due diligence»: le case d’asta e i commercianti non vogliono essere «contaminati» da materiale illecito, a prescindere dalle critiche del mercato. Chi vuole pagare con denaro buono oggetti rubati e rischiare la propria reputazione? Certamente esistono individui privi di scrupoli, ma nessuno li detesta più dei mercanti onesti che sanno quanto questi casi possano danneggiare la reputazione del mercato legittimo in generale, per cui hanno il massimo incentivo a denunciare i malfattori, quando possono, come dimostra l’inflessibile azione dell’esperto danese di gemme Gradel con il British.

L’intero settore culturale deve imparare da questo scandalo. I musei devono dare priorità alle loro fondamentali e autorevoli responsabilità di catalogazione, conservazione ed esposizione; dobbiamo avere un dibattito onesto sul valore della progressiva «deaccession» (il nullaosta del museo per la cessione o la vendita dell’opera) come fonte efficace di finanziamento e rinnovamento; le istituzioni e il mercato devono ripristinare la fiducia reciproca per il bene pubblico. La competenza commerciale è preziosa almeno quanto quella dei curatori, perché i mercanti tendono a maneggiare un numero maggiore di oggetti. Il Treasure Valuation Committee governativo dimostra come il mondo accademico e quello commerciale possano unirsi per ottenere grandi risultati. Cogliamo questa opportunità.
 

Molti degli oggetti rubati dal British Museum potrebbero non essere mai recuperati. © Sebastian Pichler

Ivan Macquisten, 31 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

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