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Cyrus Naji
Leggi i suoi articoliOgni anno, i visitatori delle grandi case d’asta londinesi possono ammirare alcuni dei migliori e più eclettici esempi di ogni principale corrente artistica degli ultimi 2000 anni. Per alcuni giorni, Sotheby’s e Christie’s si trasformano in musei stagionali d’eccezione, dove è possibile visionare una panoramica completa del Rinascimento europeo, un mini Pompidou dedicato al Modernismo del XX secolo o collezioni di pittura orientalista che non hanno eguali a Londra. E ogni tanto spuntano gemme rare e insolite che trascendono la semplice qualità per raccontare una storia tutta loro: un Pieter Bruegel il Vecchio mai esposto prima, forse, o uno splendido tappeto persiano che ha trascorso 400 anni in un castello giapponese. Con aste e fiere d’arte di grande successo a New York, in Svizzera e a Hong Kong che attirano i super ricchi di tutto il mondo, Londra non è più la città che vende più opere d’arte, ma le sue case d’asta rimangono uniche per la loro varietà e qualità, meticolosamente esposte e catalogate a beneficio sia degli acquirenti che dei semplici curiosi. Il volume Rogues and Scholars mostra come questo mercato sia nato a Londra negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. James Stourton, ex presidente di Sotheby’s UK, ha attinto a numerose fonti, tra cui articoli di stampa, memorie pubblicate e interviste originali, per mettere in luce i personaggi eruditi e talvolta canaglie che hanno trasformato la vendita di manufatti reconditi in un’industria globale multimiliardaria. In questa storia definitiva e di facile lettura, ha sostenuto il ruolo centrale di Londra nella genesi del mercato che conosciamo oggi.
Per Stourton, tutto è iniziato con la vendita da parte di Sotheby’s della collezione Goldschmidt di arte impressionista nell’ottobre 1958. Per secoli, i collezionisti avevano acquistato da fonti disparate. Nel XIX secolo, grandi gallerie londinesi come Agnew’s o Colnaghi dominavano il mercato secondario, mentre le nuove fortune industriali su entrambe le sponde dell’Atlantico diedero origine a potenti mercanti d’arte come Joseph Duveen (1869-1939). Nello stesso periodo, la rivoluzione impressionista a Parigi vide l’emergere di grandi dinastie di gallerie europee, di cui il colosso Wildenstein Institute è un notevole sopravvissuto. Nel frattempo, secondo Stourton, Christie’s ha sempre lavorato «per servire l’aristocrazia britannica in un comodo monopolio, mentre Sotheby’s si occupava del contenuto delle biblioteche». La vendita Goldschmidt, che comprendeva solo sette dipinti di altissimo livello, fu un trionfo di pubbliche relazioni, trasformando le aste d’arte in eventi serali glamour, ricchi di star del cinema e milionari del jet set. Ha battuto tutti i record, più volte. Nel 1970, Christie’s è stata la prima a vendere un dipinto per più di 1 milione di sterline, e nei decenni successivi ha assistito a una forte concorrenza con Sotheby’s in una corsa al rialzo per prezzi sempre più alti. Nel 1956, Sotheby’s vendette opere d’arte per un valore di 2,27 milioni di sterline e Christie’s per 1,68 milioni; nel 1973, Sotheby’s vendette 72 milioni di sterline contro i 34 milioni di Christie’s (nel 2024, entrambe hanno raggiunto quasi 6 miliardi di dollari). Poi, l’introduzione del premio all’acquirente nel 1975, che consentiva alla casa d’aste di trattenere una percentuale sia dall’acquirente che dal venditore, si rivelò, secondo Stourton, «il Big Bang del mondo dell’arte», portando il duopolio delle aste nel regno dei grandi affari. Questa rapida crescita, continua Stourton, è dovuta in gran parte all’idea del presidente di Sotheby’s Peter Wilson di «convincere gli americani a rivendere a Londra i dipinti francesi», ma anche alla concentrazione di competenze specialistiche, all’espansione dei viaggi in jet e allo status di Londra come sede naturale del capitale internazionale.
Plasmare i gusti globali
Stourton offre una preziosa panoramica delle gallerie e dei mercanti d’arte che, per un certo periodo, hanno plasmato i gusti globali da Londra: ad esempio, la Marlborough Gallery, composta da un duca e due ebrei austriaci emigrati, che ha conquistato il mercato di Francis Bacon e Henry Moore; il losco mercante d’arte Robert «Groovy Bob» Fraser faceva festa con i Rolling Stones e contribuì a diffondere la Pop art; Christopher Gibbs rese di moda l’antiquariato con un occhio infallibile per l’insolito; e Robin Symes vendette per la prima volta oggetti antichi come opere d’arte senza tempo, grazie anche a una rete di tombaroli (ladri di tombe) dalle mani veloci. Ma quale futuro c’è per il mondo descritto da Stourton? Con poche eccezioni, i commercianti tradizionali di Londra hanno perso la loro vitalità, in parte a causa dell’inevitabile scadenza di un modello di business che consisteva nel vendere acquisti all’asta con un ricarico. Il segmento più alto del mercato si è spostato oltreoceano, anche se una sana concorrenza tra Londra e New York continua a giovare ad entrambe. Inoltre, con le due principali case d’asta che stanno assumendo un carattere sempre più aziendale, il prestigio del mercato dell’arte londinese, ovvero la qualità dei suoi specialisti, sembra a rischio di essere trascurato. Gli ultimi decenni hanno visto un flusso costante di scandali nel mondo dell’arte, di cui All That Glitters (2024) di Orlando Whitfield fornisce il resoconto più recente. Questi sembrano il risultato inevitabile della mercificazione dell’arte così ampiamente documentata in questo libro. Il cambiamento dei gusti e delle abitudini di acquisto minaccia ora lo stretto legame tra prezzo di mercato e valore artistico che è al centro della storia di Stourton; tutti i suoi personaggi sono caratterizzati da un profondo amore per gli oggetti, ma mettono in moto forze animate dal denaro e non dall’arte.
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