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Libertà digitale

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Andrea Brugnoli, Mirco Modolo

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Il Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici ha approvato, nella seduta del 16 maggio, una mozione che accoglie in pieno le richieste che negli ultimi anni sono state sollevate dal mondo della ricerca (in particolare dal movimento «Fotografie libere per i beni culturali», che ha raccolto più di 4.500 firme tra studiosi e ricercatori) in favore della liberalizzazione nella riproduzione di beni culturali con mezzo digitale proprio (fotocamera o smartphone).

 

Il primo giugno 2014 il decreto ArtBonus, nella sua formulazione originale, aveva previsto una completa liberalizzazione di queste riproduzioni per fini di studio, ma in fase di conversione in legge un emendamento alla Camera aveva escluso dal campo di applicazione i beni archivistici e librari. Per archivi e biblioteche si rimaneva dunque ancorati alle vecchie disposizioni, che prevedono un’autorizzazione (soggetta a un tariffario, spesso oggetto di ampie interpretazioni) per effettuare riproduzioni con mezzi propri e di una concessione per l’eventuale pubblicazione. Ne derivava un evidente paradosso: mentre il turista in un museo può ora farsi liberamente un selfie davanti a un quadro o una statua, il ricercatore in archivi e biblioteche rimane escluso da simili agevolazioni, costretto invece a seguire una onerosa trafila burocratica, con l’obbligo, in alcuni casi, di rivolgersi a caro prezzo a ditte che hanno l’esclusiva del servizio di riproduzione. La mozione ora approvata dal Consiglio superiore, presieduto da Giuliano Volpe, fa appello al ministro Franceschini e all’Ufficio legislativo del Ministero perché si possa giungere a una riforma del regime delle riproduzioni che venga incontro alle esigenze della ricerca, nel rispetto delle norme di tutela della privacy per i documenti d’archivio e del diritto d’autore per le opere a stampa.

 

Nella mozione si auspica che si arrivi anzitutto a garantire allo studioso la gratuità delle riproduzioni effettuate con mezzi propri, senza limiti negli scatti per opere di pubblico dominio. Un altro punto fondamentale del documento prevede una semplificazione nella richiesta di riproduzione per pubblicazione, sostituendo la complessa pratica attuale con una semplice comunicazione per via telematica dell’intenzione di pubblicare (come già succede in altri settori). Di estremo interesse anche la richiesta di rilascio gratuito delle riproduzioni di documenti già disponibili negli istituti, che talvolta prevedono tariffari anche per la semplice trasposizione di file digitali nei supporti digitali degli utenti al fine di ammortizzare a posteriori la spesa per la digitalizzazione. La logica in questo caso è opposta: il valore del digitale, e quindi anche dell’investimento pubblico, si misura nella sua capacità di disseminazione del sapere, come dimostrano imprese come Europeana e Gallica Bnf. La mozione pone dunque il legislatore di fronte a una scelta che è sentita come necessaria dai ricercatori, rivelandosi strategica anche per le attività di tutela e di promozione dei beni culturali, in sintonia con i principi costituzionali che impegnano la Repubblica a promuovere la ricerca garantendone le condizioni per il suo libero svolgimento. Se la mozione verrà tradotta in legge e, conseguentemente, in circolare ministeriale, come c’è da augurarsi, si potranno aprire finalmente gli archivi e le biblioteche alla libera fruizione digitale, in linea con le più avanzate esperienze in questo senso che si registrano nel mondo.

 

Andrea Brugnoli, Mirco Modolo, 08 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

Libertà digitale | Andrea Brugnoli, Mirco Modolo

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