Michael J. Boyd
Leggi i suoi articoliColin Renfrew (1937-2024) da molti è annoverato tra i più importanti archeologi del mondo. Spinto dalla bellezza racchiusa nelle espressioni materiali del passato, è sempre stato affascinato dal comprendere il mondo antico e quello moderno. «Capire chi siamo, ovvero cercare di comprendere il comportamento umano», scrisse in un libro sull’arte e l’archeologia, è stata la domanda che per tutta la vita ha guidato il suo lavoro, arrivando, grazie alla combinazione di più fattori, casualità, nuove scoperte e brillanti teorizzazioni, a dare nuova linfa alla disciplina archeologica.
Nato in una famiglia della classe media di Stockton-on-Tees nel Nord dell’Inghilterra, visse i primi anni a Welwyn Garden City. Le ripetute visite a Parigi gli permisero di imparare il francese e di «conoscere molto bene il Louvre», tanto che uno dei reperti più enigmatici, una grande testa preistorica in marmo dalla forma semplice ed elegante proveniente, presumibilmente, dall’isola di Keros nelle piccole Cicladi, si impose in seguito nel corso della sua carriera.
Dopo il servizio nazionale, si iscrisse all’Università di Cambridge per studiare Scienze naturali, ma dopo il primo anno si convinse a passare all’archeologia forte dei consigli di Glyn Daniel, allora direttore della rivista «Antiquity». A posteriori, il cambiamento sembrò del tutto naturale, visto il suo interesse per il mondo antico (e le antichità) e le estati trascorse a scavare. Dopo la laurea decise di intraprendere un dottorato di ricerca per indagare il III millennio a.C. nelle Cicladi. A ciò contribuì non poco il libro di Christian Zervos, L’Art des Cyclades (1957), nato dall’influenza della scultura cicladica sull’arte del XX secolo, ispirando figure come Constantin Brâncuși e Amedeo Modigliani.
L’approccio scientifico di Renfrew, tuttavia, divenne dominante negli anni ’60 e ’70. Insoddisfatto delle modalità di spiegazione prevalenti nella disciplina archeologica dell’epoca, basate su criteri ampiamente soggettivi, in una serie di articoli sostenne nuovi metodi di studio, tra i quali la datazione al radiocarbonio cogliendo il vero significato della calibrazione delle date. Nel suo libro Before Civilisation: The Radiocarbon Revolution and Prehistoric Europe (1973) ha dimostrato come fossero superate e insostenibili le vecchie spiegazioni dei cambiamenti culturali del passato alla luce delle nuove cronologie.
Un nuovo approccio radicale
Nel 1967 Renfrew trascorse un periodo presso l’Università della California, a Los Angeles, dove incontrò Lewis Binford, il primo sostenitore di un nuovo movimento in archeologia, la New Archaeology, che abbracciava le scienze e la statistica e cercava di stabilire una teoria vicina alle leggi delle scienze naturali. Renfrew attinse a piene mani da questo nuovo approccio, diventandone uno dei principali esponenti, per la sua opera fondamentale, The Emergence of Civilisation (1972), una pubblicazione monumentale e duratura, ampiamente considerata come uno dei testi più significativi mai pubblicati in archeologia. In essa egli non solo cercò di spiegare gli sviluppi dell’Egeo nei suoi processi culturali (piuttosto che come risultato del contatto con altre aree), ma applicò anche i principi della «nuova archeologia» in modo sistematico e innovativo.
Ricercatore a Sheffield, diventa nel 1972 professore di Archeologia a Southampton. Dal 1981 ottiene la cattedra di Archeologia a Cambridge (intitolata a John Disney), incarico che ha svolto fino al suo pensionamento nel 2004. È stato «Master» del Jesus College di Cambridge dal 1986 al 1997 e direttore e fondatore del McDonald Institute for Archaeological Research di Cambridge, l’istituto di ricerche archeologiche del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Cambridge.
Dalle Orcadi al Mediterraneo
Oltre alle ricerche sulla Grecia e sulla teoria archeologica, Renfrew è stato molto attivo nell’archeologia dell’Europa preistorica (e della Gran Bretagna in particolare). Gli anni ’70 videro una serie vertiginosa di pubblicazioni in questo ambito. Ha intrapreso scavi a Quanterness e in altre località delle Orcadi in Scozia, iniziando un sodalizio con queste isole che durerà tutta la vita. Tuttavia, furono le Cicladi in Grecia a esercitare su di lui la più forte attrazione: negli anni ’60 condusse scavi nella piccola isoletta di Saliagos, tra Paros e Antiparos, e dopo sulla terraferma settentrionale a Sitagroi; mentre negli anni ’70 si dedicò al sito di Phylakopi a Melos. Qui ha utilizzato una serie di tecniche scientifiche e paesaggistiche con l’aiuto dei suoi studenti (John Cherry in particolare), trasformando il progetto archeologico da uno scavo limitato a un’innovativa analisi del paesaggio. La pubblicazione in tre volumi che ne scaturì influenzò profondamente l’archeologia del paesaggio nel Mediterraneo in generale.
La sua è stata anche una voce forte contro l’«arte» decontestualizzata degli oggetti saccheggiati e il mercato degli stessi oggetti tra musei e collezionisti. Elevato al rango di barone nel 1991 con il titolo di Lord Renfrew di Kaimsthorn, è stato attivo in Parlamento su questioni relative alla legislazione e alla pratica dei beni culturali, in particolare sui problemi del saccheggio e della provenienza dei manufatti nei musei. Nel 1996 fondò la prima unità accademica per lo studio del commercio illecito di antichità (diretta da Neil Brodie e Jenny Doole) con le sue pubblicazioni che vinsero l’European Archaeological Heritage Prize nel 2004. È stato attivo nella restituzione di antichità saccheggiate alla Grecia, compresa la riconsegna di due importanti manufatti cicladici dalla Germania nel 2014.
Ritrovamenti spettacolari nelle Cicladi
Renfrew è stato energico e prolifico in molte altre aree di ricerca, tra cui l’archeogenetica e il rapporto tra archeologia e linguaggio. Ha sviluppato l’«archeologia cognitiva» come evoluzione distintiva della nuova archeologia degli anni ’60 e ’70. Insignito del Premio Balzan nel 2004, ha intrapreso un nuovo e importante progetto sull’isola disabitata di Keros delle Cicladi, dove aveva già scavato per un breve periodo nel 1987, ma che aveva visitato per la prima volta nel 1963. Questa ricerca si è protratta inizialmente per tre anni (2006-08), con ulteriori lavori (co-diretti da altri) nel 2012-13 e nel 2015-18. Gli scavi e le indagini di questi programmi hanno dominato la sua produzione di ricerca dopo il pensionamento, e gli spettacolari ritrovamenti e la loro notevole interpretazione («il più antico santuario marittimo del mondo») hanno consolidato la sua posizione di archeologo attivo in Grecia. Per molti versi questa attenzione verso le Cicladi e verso l’enigmatica scultura cicladica, sono state la degna conclusione, negli ultimi anni della sua vita, dell’interesse suscitato molti anni prima da quella straordinaria testa scolpita conservata nel Louvre e dalla prima pubblicazione di Zervos.
Renfrew, inoltre, ha nutrito un interesse di lunga data anche per l’arte moderna che andava ben oltre gli artisti il cui lavoro era influenzato dalla scultura cicladica. Era profondamente colpito dalle opere di John McLean e, al Jesus College, istituì la «Sculpture in the Close», tanto da portare opere di Antony Gormley, Eduardo Paolozzi, Barry Flanagan, John Bellany, Alison Wilding e Richard Long ad abbellire il college, dando inizio a una lunga e proficua collaborazione tra il mondo dell’arte e quello accademico. Nel suo libro del 2003 Figuring It Out ha unito questi due mondi, sostenendo che i processi di interpretazione e comprensione dell’arte moderna, e il nostro rapporto con essa, sono analoghi ai processi di interpretazione delle prove archeologiche, e che l’uno può informare utilmente l’altro.
La sua scomparsa lascia un vuoto nel mondo dell’archeologia, ma la sua è stata una vita lunga e di successo che ha lasciato poco di intentato. I suoi libri sono letti dagli studenti di tutto il mondo (in più lingue) e i suoi approcci teorici sono ancora discussi nelle diverse specialità dell’archeologia. Nel McDonald Institute ha creato un’eredità duratura per generazioni di ricercatori e nell’Egeo la sua influenza è incomparabile. Il lavoro su Keros continuerà almeno per il prossimo decennio e quelli che come me hanno avuto il privilegio di lavorare con lui devono ora portare avanti la sua enorme eredità.