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Valeria Fichera Lo Savio
Leggi i suoi articoliNuovi ritrovamenti tra cui la sepoltura di un ricco personaggio a Pylos
La Grecia non smette di stupire per quantità e qualità dei ritrovamenti archeologici. Se il monumento sepolcrale di Amphipolis è certamente il più noto di essi a causa dei dibattiti sulla sua origine e sui resti qui rinvenuti nonostante la spoliazione in antico, ve ne sono numerosi altri rinvenuti nel suolo e nel mare greci.
Le acque dell’arcipelago di Fourni, al centro delle vie di comunicazioni marittime tra l’Egeo, il Mar Nero, l’Asia Minore e l’Egitto, conservano almeno 22 relitti che spaziano dal periodo arcaico e classico fino al XVI secolo. L’Eforato delle Antichità Sommerse nel 2015 ha ripreso l’esplorazione dell’area del relitto di Antikythera in collaborazione con il Whoi (American Woods Hole Oceanographic Institution); ha individuato i resti architettonici e portuali dell’antica Creta nei pressi di Elounda con l’Istituto per gli Studi Mediterranei; ha esplorato con l’Università di Ginevra il lato orientale del golfo dell’Argolide (un insediamento preistorico di terzo millennio a.C.) e con l’Università di Patrasso i relitti nella baia di Methoni (Peloponneso) e nella costa settentrionale della vicina isola Sapienza.
Ancora nel Peloponneso, in Arcadia, all’Eforato di Paleoantropologia e Speleologia della Grecia meridionale in collaborazione con l’Università di Tubinga si deve la scoperta nel sito paleolitico di Marathousa di uno scheletro di elefante, rinvenuto insieme a numerosi strumenti litici.
La scoperta più interessante è senz’altro quella avvenuta nei dintorni del Palazzo di Nestore a Pylos, dove una spedizione guidata dall’Università di Cincinnati alla ricerca di tracce antecedenti la costruzione del palazzo ha rinvenuto una sepoltura inviolata di un uomo tra i 30 e i 35 anni, come hanno riferito gli archeologi Jack Davis e Sharon Stocker a un incontro con il Ministro della Cultura e dello Sport Aristidis Baltas. La tomba, in base ai cocci rinvenuti al di sopra e al di sotto di essa ma non al suo interno, viene datata da Davis al Tardo Elladico II (1550-1420 a.C. o 1600-1400 a.C.).
L’estrema ricchezza del corredo funebre, composto da armi (una spada di bronzo con elsa d’avorio ricoperta d’oro, una lancia e numerosi pugnali), monili (una collana e quattro anelli d’oro), oggetti d’avorio (quattro pettini e una placca con un grifone, uno specchio di bronzo con manico di avorio), una cinquantina di sigilli con incisioni a soggetto minoico (dee, tori, taurocatapsia), coppe, brocche e bacili in metalli preziosi (bronzo, argento e oro) e un migliaio di grani di corniola, diaspro, agata e ametista, denuncia l’appartenenza a un’importante personalità, certamente antecedente all’epoca degli eroi omerici, in stretta relazione con il mondo minoico.
L’esame dei resti dello scheletro da parte dell’antropologa Lynne Schepartz dell’Università di Witwatersrand (Johannesburg, Sudafrica) e dei materiali del corredo da parte degli archeologi dovrebbe contribuire a determinarne le modalità.
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