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Cecilia Cavalca
Leggi i suoi articoliAl Museo del Prado si celebra fino al 28 giugno Rogier van der Weyden. Lo si fa con un’importante mostra curata da Lorne Campbell che ha come epicentro un capolavoro: la «Crocifissione» (detta «Il Calvario») del Monastero di San Lorenzo dell’Escorial. Esposto a conclusione di un restauro iniziato nel 2011 (sotto la direzione tecnica congiunta dello stesso Museo del Prado e del Patrimonio Nacional; cfr. n. 312, set. ’11, p. 53), l’imponente dipinto su tavola è restituito in una veste cromatica del tutto nuova che recupera l’alta qualità della stesura pittorica originale. L’accurato lavoro svolto è ben commentato da Carmen García-Frías Checa nel catalogo. «Il Calvario» dell’Escorial (1457-64 ca) è una delle tre sole opere che possono essere attribuite con certezza a Rogier van der Weyden in forza di affidabili evidenze documentarie; le altre sono la «Deposizione» (Madrid, Museo del Prado, ante 1443) e il «Trittico di Miraflores» (ante 1445; Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie), radunate per la prima volta. La mostra seleziona alcune fra le più alte ideazioni figurative derivate dall’enorme lavoro svolto in questa direzione dal caposcuola fiammingo. Nella prima sala, la spettacolare «Deposizione» è affiancata dal «Ritratto di un uomo robusto» del Museo Thyssen-Bornemisza, attribuito a Robert Campin (1435 ca), probabile maestro di Rogier. La fisionomia dell’uomo ritratto è molto simile a quella della figura riccamente abbigliata che nella «Deposizione» regge le gambe di Cristo: Giuseppe d’Arimatea. Riutilizzando lo stesso modello per una storia sacra, Rogier lo spoglia dei tratti morfologici più vividi. Questo accostamento prelude a un ancora più significativo accoppiamento: quello fra la stupenda statua in alabastro policromato e dorato raffigurante il vescovo Lope de Barrientos (Medina del Campo, Fundación Museo de las Ferias, circa 1447-54) e il «Trittico di Miraflores» donato dal re Giovanni II di Castiglia all’omonima certosa, vicino a Burgos, per l’esecuzione del quale si prospetta l’intervento dell’ecclesiastico; un uomo colto e intimo della corte per essere nominato, quarantasettenne, tutore di Enrico, figlio di Giovanni II e di Maria d’Aragona. La statua di Barrientos è attribuita con ottime ragioni al brussellese Egas Cueman (in mostra tre bellissimi disegni autografi provenienti dal Reale Monastero di Santa Maria di Guadalupe). Egas era uno scultore di eccezionale talento che con il fratello architetto Anequin si stabilì nella penisola iberica quando Van der Weyden era ancora in vita. È il momento più alto della messa a fuoco del tema che fa da filo conduttore alla mostra, titolata: «Rogier van der Wedeyen e i regni della Penisola Iberica». Si continua a seguirne il racconto, stretti tra pittura e scultura, con la Crocifissione in legno di castagno policromo, parte del polittico dalla chiesa di Santa Maria de la Asunción a Laredo (1430-40 ca), eseguita da maestranze di Bruxelles. L’invito è a soppesare le tracce lasciate dall’atelier nel passaggio tra l’abbozzo progettuale (forse di mano di Van der Weyden) e l’opera finita. L’obiettivo è rilanciato nella stessa stanza dal «Trittico dei sette Sacramenti» (Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten, 1450 ca). In ottimo stato di conservazione, il celebre autografo di Rogier fa da contraltare al gruppo scultoreo di Laredo, riflesso a sua volta nella Crocifissione assegnata al Maestro della Leggenda di santa Caterina (Madrid, Museo del Prado, ca 1475-85). Ma il «Crocifisso dei sette Sacramenti» è altresì affascinante prototipo del grande Crocifisso dipinto nella tavola dell’Escorial. L’opera, alla fine dell’allestimento, ha davanti a sé l’imponente arazzo con «Episodi della storia di Iefte», del Museo della Cattedrale Metropolitana di Saragozza (1450-60 ca). È lì per darci la possibilità di verificare se anche questo superbo manufatto fiammingo, conservato col suo pezzo compagno nella penisola iberica, fu, come è stato di recente suggerito, tessuto avendo sottomano cartoni disegnati da Van der Weyden.
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