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La «foto del 2025»: il volto di Jasmine Paolini inquadrato nel logo della racchetta, Us Open

© Ray Giubilo

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La «foto del 2025»: il volto di Jasmine Paolini inquadrato nel logo della racchetta, Us Open

© Ray Giubilo

Ray Giubilo, il tennis oltre la rete

È uno dei grandi fotografi del tennis mondiale e proprio quest’anno ha scattato la «foto del 2025». Un libro lo celebra

Stefano Semeraro

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Ray Giubilo (Adelaide, Australia, 1956) è uno dei nomi più celebri della fotografia sportiva in assoluto, fotografo ufficiale dei più importanti tornei del mondo, soprattutto sui campi da tennis. Il volume fotografico Flying Racquets. Oltre la rete (Allemandi, edizione bilingue italiano e inglese, 304 pp., 250 ill., € 90) uscirà in vista delle Nitto Atp Finals (Torino, Inalpi Arena, 9-16 novembre), il torneo tra gli otto migliori tennisti e le otto migliori coppie di doppio maschile del 2025. Qui pubblichiamo l’intervista rilasciata da Giubilo al giornalista Stefano Semeraro, storica firma de «La Stampa» e direttore de «Il Tennis italiano», edita da Fandango, la più antica rivista al mondo di tennis. 

Ray Giubilo di foto belle ne ha fatte moltissime nei quasi quarant’anni passati a bordo campo nei tornei di tennis più famosi: posso testimoniarlo, visto che ci conosciamo dalla fine degli anni Ottanta. Lo scatto «Halloween style» di Jasmine Paolini agli Us Open 2025 ha però fatto il giro del mondo (...). 

Ray, partiamo da qui: com’è nato quello scatto magico che per molti è già la «foto dell’anno»?
Da un mix di fortuna, pazienza e concentrazione. Era un match serale ed ero andato a fotografare quell’incontro per catturare le espressioni di Jasmine: esultanze, sorrisi, smorfie e qualche azione ravvicinata. (...) Il mio merito è stato di restare concentrato e di credere di poter cogliere una bella foto quando ho notato quel movimento insolito. Il fatto che gli occhi e la bocca fossero allineati perfettamente all’interno dei due cerchi e il triangolo del logo rovesciato è stato un colpo di fortuna. Ma ogni tanto ci vuole anche quella, non credi? 

Vuoi raccontarci come hai iniziato a fotografare il tennis?
Tutto è iniziato nel 1989, quando abitavo a Sydney e lavoravo come fotografo nel campo della moda. (...) Un giorno ricevetti una telefonata da un amico, Leo Bassi, ex prima categoria che a quel tempo lavorava come giornalista. Leo mi propose di andare con lui agli Australian Open e mi fece ottenere un accredito dal mitico quindicinale di tennis «Match-Ball». Non avevo mai fotografato il tennis ma era il mio sport, e «Match-Ball» era la rivista alla quale ero abbonato in Italia. Il fotografo ufficiale della rivista, Angelo Tonelli, (...) senza conoscermi nemmeno, diede il suo okay (...). Nel 1994 iniziai a girare stabilmente nel Tour e con Angelo siamo diventati molto amici (...). 

Grande fabbrica di talenti, quella rivista. Chi sono stati i tuoi maestri, se ne hai avuti?
(...) Ho fatto da assistente a tanti fotografi e da ognuno ho imparato qualcosa. Ho anche assorbito molto dai lavori di grandi maestri come Alexander Rodchenko, Jacques-Henri Lartigue, Martin Munkácsi, Helmut Newton, Salgado e tanti altri. Per quanto riguarda la fotografia di tennis dico senz’altro Angelo Tonelli (...).

Ray Giubilo, «Court Suzanne Lenglen, Roland Garros, 2004». © Ray Giubilo

Quali tennisti hai amato di più fotografare nel corso della tua carriera? E quali campi?
Fra i giocatori senz’altro Pete Sampras, Pat Rafter, Maria Sharapova, le sorelle Williams e Rafa Nadal. La lista in realtà è lunga e devo includere anche Jasmine Paolini e Fabio Fognini. Se parliamo di luoghi, la Rod Laver Arena a Melbourne, il Philippe Chatrier e il Suzanne Lenglen a Parigi, i court dal numero 4 al 12 di Wimbledon, dove nel tardo pomeriggio arriva una luce magica. Poi l’Arthur Ashe e il Louis Armstrong a New York, il centrale di Indian Wells e il Court Rainier III al Monte-Carlo Country Club. (...)

L’avvento dei social che impatto ha avuto sul mestiere?
Ha aggiunto una buona dose di stress a un mestiere già stressante di per sé. Se prima i tuoi clienti si accontentavano di avere le foto domani, con i social le pretendono... ieri. C’è la corsa a chi pubblica una notizia o una foto per primo. Dobbiamo accettarlo, perché i social sono un fenomeno del nostro tempo e o ne siamo dentro o ne siamo fuori. Se vuoi essere dentro, devi convivere con lo stress e farlo diventare una cosa normale e gestibile.

L’Intelligenza Artificiale è una concorrente o può diventare un’alleata del fotografo di sport?
L’Intelligenza Artificiale è pericolosa se un’immagine viene usata per crearne un’altra che non ha nulla a che fare con quella originale. C’è bisogno di dare in fretta una regolamentazione all’uso dell’IA: non è bello veder ridicolizzati dei personaggi pubblici, tennisti compresi, facendogli fare e dire cose inventate. La gente tende a crederci e non capisce più cos’è vero e cos’è finto. Nel caso della foto di Jasmine Paolini ho ricevuto tanti commenti di chi mi accusava di aver prodotto la foto con l’IA: naturalmente non è vero, ma in un momento di confusione come questo è lecito dubitare quando si vede un’immagine particolare. (...)

Una fotografia documenta un attimo o racconta una storia?
Entrambe le cose. Senz’altro documenta di più un attimo, ma esiste sempre l’attimo che crea una storia. Ed è proprio il caso della foto che tu chiami Halloween style. E se non mi fosse venuto in mente di associare la foto ad Halloween quando l’ho postata, forse sarebbe stata una storia completamente differente.

È vero, come sostiene Wim Wenders per il cinema, che «la vita è a colori, ma il bianco e nero è più realistico»?
Posso essere d’accordo, ma aggiungerei che ciò che rende affascinante un’immagine in bianco e nero è che trasmette la sensazione di non avere un’«età» ben definita, e che solo la fotografia ce la rende accessibile perché noi vediamo a colori.

Per chiudere, ti propongo quattro citazioni, tutte di fotografi tranne una. «La creatività è una mente selvaggia e un occhio disciplinato» (Dorothy Parker); «Le prime 10mila fotografie sono le peggiori» (Henri Cartier-Bresson); «Se sapessi come si fa una buona fotografia, la farei sempre» (Robert Doisneau); e «Le foto sono già lì, tu le prendi e basta» (Robert Capa). Quale senti più tua? 
Mi piace la frase di Dorothy Parker, grande scrittrice. Avere una mente selvaggia e un occhio disciplinato sono due doti molto utili a chiunque voglia esprimersi in un modo creativo, che sia un pittore, uno scrittore, un regista... O un fotografo.

Ray Giubilo, «Jannik Sinner (Ita), Indian Wells, 2023». © Ray Giubilo

Stefano Semeraro, 08 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

Ray Giubilo, il tennis oltre la rete | Stefano Semeraro

Ray Giubilo, il tennis oltre la rete | Stefano Semeraro