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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliCento anni fa (ufficialmente nel 1025) nasceva il losange Renault, una soluzione grafica applicata a un problema pratico: rendere riconoscibile il marchio su un oggetto tecnico, mobile, prodotto in serie. La forma a diamante viene scelta perché funzionale alla riproduzione meccanica: è simmetrica, stabile, leggibile frontalmente, facilmente adattabile alla calandra dell’automobile. È un contorno pieno, chiuso, che concentra l’identità dell’azienda in una figura unica e compatta. Per diversi decenni il losange resta quello (losanga, diamante). Subisce aggiornamenti grafici, ma mantiene la stessa logica: una forma centrale, autonoma, applicata al prodotto come marchio di proprietà. Nel 1972 avviene una trasformazione decisiva: Renault affida il ridisegno del logo a Victor Vasarely. L’artista padre dell’Optical Art interviene sul losange applicandovi i principi della propria ricerca artistica. Il segno viene ricostruito attraverso linee parallele e intersezioni che introducono profondità e vibrazione ottica. Il losange non è più una superficie piena: diventa una struttura aperta, composta da relazioni visive. Dal punto di vista formale, il cambiamento è netto. Il logo non è più un’unità chiusa, ma una configurazione modulare. Può essere scomposto, ingrandito, ripetuto senza perdere riconoscibilità. Dal punto di vista percettivo, il segno smette di essere statico: suggerisce movimento, instabilità, trasformazione. Non indica solo un’identità, ma attiva lo sguardo. Il losange continua a identificare Renault, ma allo stesso tempo acquisisce autonomia formale, funziona come figura, come pattern, come principio costruttivo.
Una struttura che oggi permette di trattare il losange come materiale di lavoro artistico. È questo lo slittamento all’origine della mostra «Dialogues with the Diamond», alla Fondation Vasarely di Aix-en-Provence fino al 3 maggio 2026. Quello di Vasarely non è stato un semplice restyling, ma una vera trasposizione concettuale: il suo intervento ha segnato un passaggio decisivo, sancendo l’ingresso di un elemento di identità industriale nella storia dell’arte del Novecento.
Victor Vasarely e il logo Renault
La mostra riparte da qui, ma evitando ogni tentazione celebrativa. Curato da Karim Boukercha, il percorso propone il losange come matrice, una forma generativa da rimettere in circolo attraverso sguardi contemporanei. Gli artisti invitati non illustrano il logo: lo smontano, lo attraversano, ne testano le possibilità percettive e spaziali, facendolo reagire con l’architettura stessa della Fondazione Vasarely. Nel lavoro di Olivier Swiz la geometria deriva direttamente dalla pratica del writing: il segno nasce come gesto murale, si organizza per campiture e sovrapposizioni, e costruisce superfici ritmate che occupano l’architettura. Le forme sono nette, seriali, pensate per adattarsi allo spazio espositivo come estensione della parete, mantenendo una tensione costante tra astrazione e origine urbana. Sébastien Preschoux lavora invece per sottrazione. Le sue installazioni sono costruite attraverso linee tracciate, fili tesi, elementi minimi che attraversano l’ambiente e ne modificano la percezione. L’opera non è concentrata in un punto, ma distribuita nello spazio: la vibrazione visiva nasce dallo spostamento dello spettatore, che ricompone le relazioni tra gli elementi attraverso il movimento. Con Arthur Dorval, infine, la geometria si articola attraverso il colore e il volume. Nei Geometric Blooms le forme pittoriche non restano bidimensionali: il colore costruisce rilievi, pieghe, spessori che trasformano la figura in corpo. Il risultato è una geometria espansa, in cui il colore definisce profondità reali e non solo illusioni ottiche. Un passaggio centrale del percorso è l’eccezionale apertura eccezionale dell’ufficio di Vasarely, normalmente chiuso al pubblico. La mostra si inserisce nel Renault Fund for Art and Culture, istituito nel 2024 con l’obiettivo di preservare e valorizzare il patrimonio artistico del Gruppo e, allo stesso tempo, sostenere la creazione contemporanea, in particolare nell’ambito dell’arte urbana. Non si tratta di una strategia ornamentale: Renault rivendica una lunga consuetudine al dialogo tra produzione industriale e pratiche artistiche, una storia in cui fabbriche, simboli e processi diventano terreno di confronto per gli artisti.
© Fondation Vasarely, veduta mostra
© Fondation Vasarely, veduta mostra
Fondata nel 1898 da Louis Renault insieme ai fratelli Marcel e Fernand, Renault attraversa l’intero Novecento come uno dei principali attori dell’industrializzazione francese, passando dall’espansione dei primi decenni alla nazionalizzazione nel secondo dopoguerra, fino alla progressiva privatizzazione e all’apertura internazionale degli anni Novanta. Nel tempo il Gruppo consolida una presenza globale, anche attraverso alleanze strategiche, costruendo un’identità industriale fortemente legata all’innovazione tecnica e al design. Questo orientamento trova un banco di prova particolarmente visibile nella Formula 1, dove Renault entra ufficialmente nel 1977, introducendo per la prima volta nel campionato un motore turbo, allora una scelta radicale. Dopo una prima fase come costruttore, il marchio alterna la presenza diretta al ruolo di motorista, fino al ritorno ai vertici nei primi anni Duemila: sotto la denominazione Renault F1 Team conquista i titoli mondiali piloti e costruttori nel 2005 e 2006. Dal 2021 l’impegno nel Mondiale prosegue attraverso Alpine F1 Team, che raccoglie l’eredità sportiva del Gruppo, mantenendo il legame con la ricerca tecnologica e l’immagine di marca. Sport, produzione automobilistica e identità visiva confluiscono in un’unica traiettoria di sviluppo all’interno della quale maturano anche le scelte culturali e simboliche del marchio. Il losange ne rappresenta il punto di sintesi: concepito inizialmente come segno funzionale di riconoscimento, viene progressivamente strutturato come forma culturale, fino a imporsi come patrimonio visivo riconoscibile e riattivabile.
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