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Julie Joubert, 68esima edizione Salon de Montrouge, 2025, © Ville de Montrouge/ Vincent Evrat

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Julie Joubert, 68esima edizione Salon de Montrouge, 2025, © Ville de Montrouge/ Vincent Evrat

Salon de Montrouge, un ecosistema per giovani artisti

Quaranta artisti emergenti della scena francese, non ancora rappresentati da gallerie, nella 68ma edizione della kermesse raccontata dal direttore Andrea Ponsini

Teresa Ranchino

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Da quasi settant’anni il Salon de Montrouge è un catalizzatore della scena artistica contemporanea in Francia. Nato come una rassegna locale, nel tempo si è trasformato in una piattaforma di riferimento per artisti agli inizi della loro carriera, offrendo uno spazio espositivo, un accompagnamento curatoriale e l’opportunità di entrare in contatto con i professionisti del settore. A ogni edizione il Salon si propone come una fucina di sperimentazione, una mappatura in costante evoluzione della scena artistica contemporanea francofona, capace di intercettarne le future tendenze. Per la 68ma edizione, in programma fino al 23 febbraio al Beffroi di Montrouge, la direzione artistica è affidata ad Andrea Ponsini, toscano di origine, francese d’adozione. Dopo oltre 15 anni di esperienza come coordinatore del Salon de Montrouge e responsabile delle esposizioni e delle arti plastiche presso la Direzione della Cultura della Città di Montrouge, Ponsini guida l’edizione insieme a un comitato curatoriale di 8 esperti. Per il 2025 sono stati selezionati 40 artisti tra più di 2.300 candidature, con l’obiettivo di creare un ecosistema ideale alla crescita e all’affermazione di nuove generazioni di artisti.  Partiamo dall’inizio. Nato negli anni ’50, il Salon de Montrougeera inizialmente lo specchio della città che lo ospita, Montrouge, alle porte di Parigi. Nel tempo è stato attraversato da artisti come Otto Dix, Raoul Dufy, Véra Pagava, Fernand Léger, Picasso e Picabia. Negli ultimi decenni si è poi affermato come trampolino di lancio per talenti sulla scena internazionale. Ne parla il direttore Andrea Ponsini.

Elijah Ndoumbe, 68esima edizione Salon de Montrouge, 2025, © Ville de Montrouge/ Vincent Evrat.

Che cos’è oggi il Salon de Montrouge e quale ruolo gioca nella scena artistica contemporanea?
Il Salon d’Art Contemporain de Montrouge è un sismografo che registra direzioni e tendenze dell’arte emergente in Francia. È stato fondato nel 1955 dal Comune di Montrouge e da quel momento si è sempre distinto per la sua missione di scoprire, sostenere e promuovere i giovani talenti. L’obiettivo è offrire agli artisti emergenti selezionati, una piattaforma per esporre il proprio lavoro e accompagnarli in un percorso di crescita che li avvicini gradualmente all’ecosistema professionale. Si tratta di una sorta di agente catalizzatore che vuole riunire chi produce e chi accoglie, facilitando lo scambio e il confronto. Per questa 68ma edizione, dedicata a Riccardo Pocci, il Salon rinnova il suo impegno nel sostenere la creazione contemporanea, proponendosi come un trampolino di lancio per tutti gli artisti selezionati.

La selezione degli artisti di questa edizione ha coinvolto un comitato piuttosto eterogeneo, composto da curatori, collezionisti, professori di Accademia. Come avete lavorato per garantire che la pluralità dei punti di vista contribuisse a una selezione coerente e ampia?
La selezione degli artisti è stata affidata a otto professionisti: Léa Bismuth, Chris Cyrille, Licia Demuro, Anya Harrison, Sophie Lapalu, Matthieu Lelièvre, Frédéric Lorin e Henri van Melle. L’obiettivo è di garantire una pluralità di prospettive, evitando un focus esclusivo su Parigi e assicurando attenzione agli artisti su tutto il territorio francese. Abbiamo strutturato il processo di selezione in più fasi. Su 2.300 candidature, una prima shortlist di 250 artisti è stata selezionata dal comitato, uno dei criteri fondamentali è stato selezionare artisti non ancora rappresentati da gallerie. Ogni curatore ha espresso una valutazione numerica da 0 a 5 e stilato una lista personale di 15 artisti da difendere. Dopo un confronto collettivo a Montrouge, è emerso un totale di 100 artisti, analizzati attraverso i portfoli. Oltre alla media matematica, è stato adottato un approccio qualitativo consentendo a ciascun curatore di salvare un artista utilizzando un joker, senza possibilità di veto da parte della direzione artistica. Infine, la selezione ha seguito criteri installativi e curatoriali: abbiamo lavorato affinché fossero rappresentate varie pratiche artistiche, dal tessile alla ceramica, dal video alla pittura e alle installazioni di grande formato, per garantire una visione coerente e organica, offrendo una fotografia più completa possibile della produzione artistica emergente.

Il tema della 68ma edizione è quello delle convivenze. Com’è nata questa scelta e in che modo viene declinata?
Quest’anno il tema curatoriale ruota attorno al concetto di convivenze, un termine che racchiude molteplici livelli di coesistenza: inter-specie, sociali, identitarie, ma anche legate ai sistemi di valori, ai linguaggi e agli stili di vita. Come può l’arte creare uno spazio-tempo in cui la convivenza, così difficile altrove, possa avvenire? Per tradurre questa riflessione in un impianto espositivo coerente abbiamo concepito il Salon come una mostra collettiva organica, senza compartimentazioni rigide, in cui le opere dialogano tra loro in un ambiente aperto. La scenografia, curata dall’architetta Victoria Frenak, è stata progettata per rispecchiare questa visione, adottando un modello spaziale inclusivo e dinamico. Le convivenze si manifestano non solo nei contenuti delle opere, ma anche nel modo in cui esse abitano lo spazio: le pratiche artistiche (dal figurativo all’astratto, dalla performance al digitale) si intrecciano e si sovrappongono favorendo letture trasversali. Un’attenzione particolare è stata riservata alla presenza del corpo e dell’azione nell’ambiente espositivo, attraverso performance e happening che si integrano nel percorso di mostra. In questa edizione il Salon non è solo un luogo espositivo, ma un laboratorio di convivenza artistica, uno spazio in cui le differenze si incontrano e generano nuove forme di coesistenza. Il Salon include anche una programmazione di eventi collaterali, tra cui visite guidate, letture di portfolio, incontri con gli artisti, workshop, performance e conferenze, diffusi in diversi punti di Montrouge e durante tutta la durata del Salon.

Cécile Cornet, 68esima edizione Salon de Montrouge,, 2025. © Ville de Montrouge / Vincent Evrat.

La città di Montrouge acquisisce opere dagli artisti selezionati? Esiste una collezione legata al Salon?
Si. Ogni anno la città acquisisce delle opere: al momento la collezione conta circa 250 pezzi, a partire dai primi Salons, fino alle edizioni più recenti.

In Italia, la mancanza di strutture solide che favoriscano e supportino il collegamento tra gli artisti emergenti e il mondo professionale rende più complesso il loro percorso formativo e limita le opportunità di crescita. In questo contesto, quale pensi sia il valore aggiunto del Salon de Montrouge nel supportare gli artisti e facilitare il loro inserimento all’interno del sistema?
Il Salon de Montrouge rappresenta un’importante piattaforma di visibilità e supporto per gli artisti emergenti, facilitandone l’ingresso nel sistema dell’arte grazie a un ecosistema di opportunità professionali. Questo è sicuramente il suo valore aggiunto. Oltre a favorire il contatto diretto tra artisti, collezionisti e gallerie, con molte opere vendute già durante il vernissage, il Salone collabora con quindici partner istituzionali, tra cui Artagon, il Centre Pompidou-Metz, Chapelle XIV e La Ferme du Buisson. Queste collaborazioni danno vita a iniziative denominate perspectives, che offrono agli artisti selezionati borse di studio, residenze e occasioni espositive nel corso dell’anno. Negli anni, il Salon ha ridefinito la propria missione: se in passato era prevalentemente incentrato sulla pittura e sulla vendita immediata delle opere, oggi punta su un accompagnamento critico e una promozione a lungo termine, assumendo il ruolo di un vero e proprio label per gli artisti emergenti. Essere selezionati dal Salon de Montrouge diventa una referenza significativa per il proprio percorso professionale, fornendo una legittimazione utile nel passaggio dall’accademia al mondo dell’arte contemporanea. Dal 2022, il Salon ha anche introdotto un impegno concreto per contrastare la precarietà degli artisti, garantendo un compenso di 1.000 euro a ciascun partecipante grazie al sostegno del Ministero della Cultura francese. In Italia, manca un’istituzione di riferimento per questo settore. Sarebbe auspicabile la nascita di una piattaforma indipendente che, senza schierarsi, riunisca professionisti del mondo dell’arte capaci di proporre piste concrete a supporto degli artisti.

Quali evoluzioni immagini per il futuro del Salon de Montrouge? Magari una maggiore apertura internazionale?
L’evoluzione del Salon de Montrouge punta a trasformarlo sempre più in un festival, ampliando il suo impatto sul territorio e coinvolgendo attivamente la comunità locale. L’obiettivo è che il Salon non resti solo una mostra circoscritta, ma diventi un evento radicato nel tessuto urbano, capace di coinvolgere spazi pubblici e cittadini attraverso progetti diffusi e a lungo termine. L’idea è di moltiplicare le iniziative che portano l’arte fuori dagli spazi espositivi convenzionali: installazioni negli spazi urbani, collaborazioni con commercianti e scuole, residenze artistiche più strutturate e progetti inclusivi. Credo che l’arte debba essere accessibile a un pubblico più ampio, non solo agli addetti ai lavori. Questo significa anche creare occasioni di fruizione diretta, senza la necessità di intermediari commerciali, e incentivare nuove economie legate alla produzione artistica sul posto, con borse di studio e collaborazioni con imprese locali. Un altro sviluppo chiave è rafforzare l’identità del Salon come forum per la creazione contemporanea. Oltre ai classici momenti di anteprima e vernissage, il Salon potrebbe strutturare un calendario di eventi professionali più articolato, con giornate dedicate alla formazione e allo scambio tra artisti, curatori e operatori del settore. Ci piacerebbe esplorare nuovi formati, come una rassegna dedicata alla video arte o la realizzazione di opere in progres durante la mostra stessa. L’apertura internazionale è un’altra direzione interessante, con la possibilità di creare antenne del Salon in altri siti, oltre Montrouge, favorendo così una maggiore mobilità per gli artisti selezionati e un dialogo più ampio con la scena artistica globale.

Teresa Ranchino, 22 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

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